lunedì 4 febbraio 2013

VILI E PARACULI

In Italia le cose funziano così: c'é il padrone e ci sono i servi. Un codazzo di servi chiamati 'politici', 'giornalisti' e 'imprenditori' pronti ad approvare qualsiasi indecenza facendola passare 'per il bene della collettività'. In realtà 'l'indecenza' serve a salvare 'culi ed orti' oltre che poltrone. La corruzione é penetrata ovunque, per cui é possibile comprare -a suon di bigliettoni e promesse di poltroncine- maggioranze parlamentari altrimenti improbabili... E tutto questo accade pubblicamente. Sotto gli occhi di tutti. Tagli alla sanità, alla scuola e alla cultura. Tasse per recuperare soldi da spendere nelle macchine da guerra e per pagare un esercito di militari inutili. Occhi chiusi di fronte ai tanti casi di tumore in terre 'segnate' e malate come la mia: il ministro dice che 'é tutto a posto'. Certo, tanto il ministro non ci deve crescere i suoi figli, né deve respirare quest'aria per campare. Le ricette tecniche dei dottoroni ci affossano, ministri idioti figli di papà offendono l'intelligenza di tanti che figli di papà non sono e che meritebbero più di loro quelle poltrone. Un Paese di vili e paraculi 'senza amore e senza Cristo', come diceva Quasimodo, in cui ancora si permette a uno come Silvio di ricandidarsi é degno delle peggiori sventure. Maria Francesca Fragnoli

giovedì 31 gennaio 2013

INNO ALL'AMICIZIA

Non è vero che un amico si vede nel momento del bisogno, un amico si vede sempre. [Roberto Benigni] Da quanti anni sei vicino a me, da quanti? Così tanti, pensando a tutte le cose che abbiamo fatto insieme e così pochi se poi, in definitiva, li contiamo. Ci siamo incontrati per caso. All'inizio, lo ricordo bene, mi stavi anche piuttosto antipatico, avevi l'aria da saccente, parlavi che sembrava sapessi tutto tu. Io avevo molti anni in meno di quelli che ho ora e vedevo la tua vita, tu che hai giusto dieci anni più di me, lontana anni luce dalla mia. Io sempre di corsa verso un traguardo mobile, tu con una vita che mi sembrava perfetta. Poi la vita ci ha avvicinato, non in quel modo strano in cui si avvicinano un uomo e una donna che si annusano, no, noi ci siamo guardati e ci siamo avviluppati in un abbraccio da cui non ci siamo liberati più, un abbraccio fatto di affetto, stima, dolore, calore e forza. Tu ci sei sempre stato per me, ore al telefono di notte, o "corri qui, sto impazzendo!" in pieno giorno. Abbiamo preso il caffè nei bar "in" nelle ore che non erano "in". Credo che non ci siamo mai fatti gli auguri di compleanno,non siamo mai andati a cena fuori, non siamo mai stati a prendere un aperitivo insieme. Ma ci siamo sempre stati l'uno per l'altra. Ci sei stato silenziosamente quando "non era il momento", mi hai scosso le spalle quando non avevo più voglia di reagire, hai raccolto i miei sfoghi e hai calmato le mie ansie, mi hai regalato i sorrisi più belli e mi hai strappato le risate più sonore. Mi hai fatto da guida quando incespicavo e mi hai insegnato senza mai farmelo pesare. Ti ho raccontato ogni più piccolo dettaglio della mia vita, so di te ogni tuo giorno, ogni tuo istante, non c'è giorno che passi senza la tua telefonata, non c'è giorno in cui io non sappia cosa è successo in quelle frenetiche 24 ore. Abbiamo parlato, parlato, parlato, ci siamo raccontati l'anima, non abbiamo mai litigato, ma abbiamo discusso fino a sfinirci. Ci siamo sempre confrontati su tutto, sulle nostre vite, sul lavoro, sui fatti del giorno e sulle nostre famiglie. Abbiamo riso come matti quando abbiamo dovuto mettere insieme gli spiccioli per il caffè e abbiamo lasciato che, in alcuni momenti, ognuno camminasse per la propria via. Ci siamo stretti sotto la pioggia come due innamorati. E, innamorati, in fondo, lo siamo davvero. Siamo innamorati di questa splendida, maledetta vita. Siamo innamorati di ciò che facciamo, siamo innamorati dei nostri sguardi stanchi ma in fondo felici. Abbiamo sfatato il mito che vuole che uomini e donne possano essere amanti, ma mai amici, abbiamo percorso un lungo tratto di strada insieme e ci siamo raccontati tutte le mollichine di pane che avevamo lasciato per terra prima di arrivare a trovarci. Ancora oggi ci sei. Ho ancora sullo stomaco il pollo e le patatine che mi hai costretta a mangiare a pranzo, "perchè così magra non stai bene". Ho ancora in bocca il sapore dei ravioli che ti ho rubato, ho ancora nelle orecchie la tua risata mentre mi raccontavi "questa te la devo proprio dire, anche se stai affogata di lavoro", c'è il bip del telefonino con quel messaggio con cui anche oggi, tra pannolini e cena, hai trovato il tempo di dirmi quanto sono importante e quanto sono "cazzuta". Domani ci sarà di nuovo tanto da dirci, anche se la maggior parte delle ore che abbiamo trascorso senza sentirci sono state dedicate al sonno (le tue....dato che io dormo poco e penso, penso, penso...."cazzo avrai da pensare tutto sto tempo??"). Poi ci saranno altri giorni e altri ne verranno. Tu ci sarai sempre. Tu sarai lì a fare il tifo per me. Io ci sarò, sarà lì vicino per dirti che, come sempre, non sei solo. Ne faremo tanta di strada insieme e tutte le bricioline che ci saremo lasciati indietro per non perdere la via non ci serviranno, perchè insieme sapremo ritrovare la strada. - FEDERICA CHICCA MEOGROSSI

mercoledì 30 gennaio 2013

LA MIA VITA

Ho avuto dei genitori severi. Li ringrazio di questo, mica no, li ringrazio per avermi insegnato a essere educata, a prendermi la responsabilità delle mie azioni, di tutte, per avermi insegnato a chiedere scusa, e io ho chiesto scusa anche quando troppo torto, forse, non lo avevo. Mi hanno insegnato a essere corretta, a sudarmi le mie piccole conquiste, a rimettermi in piedi quando cadevo, senza aspettare che mi si tendesse la mano. Ho avuto tanto dalla vita, i miei bambini, la mia famiglia, una casa (eh, vabbè...), un lavoro. Tutto questo l'ho avuto con il sacrificio, non mi sono mai tirata indietro. La vita, d'altronde, mi ha chiesto tanto in cambio. Ho conosciuto il dolore per la malattia di mio figlio, risento il suo pianto nel cuore anche oggi che sono passati tanti anni, ho conosciuto la malattia mia, quella vera, quella che ti fa stare a un passo dalla fine e che ti fa venir voglia di riavvolgere il nastro e tornare indietro, per riprenderti un pò di quella stessa vita che sembra voler fuggire via, ho conosciuto tante difficoltà, ma sono sempre andata avanti. Ho pianto poco, le difficoltà della mia vita sono incise, forse, nel mio corpo, così buffo, robusto e minuto insieme, un insieme di forza e fragilità, che è quello che mi caratterizza. Ho accettato le sfide e non mi sono mai fermata quando sono passata sulla casella "imprevisti". Ho lottato e lotto ancora, so che tanto c'è stato da affrontare e tanto ce ne sarà. Lo accetto e non mi spavento, oddio, forse un pò, ma so che posso guardare solo avanti e non tornare indietro. Va bene così. Fa parte del pacchetto "all inclusive" che ho acquistato quel 31 gennaio di quasi 37 anni fa. Cresco i miei figli affinchè siano onesti e forti, perchè non si spaventino di fronte alle difficoltà e siano sempre corretti e leali. Insegno loro a dire grazie per ciò che hanno, che forse è meno di ciò che vorrebbero, ma tant'è. Gli insegno la responsabilità e la disciplina, li guardo e mi sembra che siano due piccoli ometti che, come me, non sgomiteranno, ma si conquisteranno con la fatica il loro posto nel mondo. Ma a volte, spesso, lo ammetto, mi chiedo se questo rigore sia giusto. Perchè ogni giorno, in tanti ambiti, mi rendo conto che vanno avanti i furbi e i prepotenti, quelli che ti investono e non si fermano a vedere cosa è successo, quelli che sono pronti a farti del male pur di avere ciò che vogliono, quelli che ti fanno del male per il solo gusto di farlo. Io non sono così. Mi viene il magone, ma non piango, rimando indietro le lacrime che non so piangere e vado avanti. Mi barcameno tra le mille difficoltà della vita, ma non imparo a schivare le bordate di quelli che ti aspettano al varco, di quelli che "valgo più di te e quindi, se posso, ti anniento", quelli che della slealtà hanno fatto una bandiera che sventolano allegramente e con cui seppelliscono i cadaveri che lasciano sul cammino. I miei figli...ecco....io vorrei che sapessero cosa è giusto e cosa è sbagliato e si ponessero sempre dalla parte del giusto. Vorrei che potessero camminare sempre a testa alta, vorrei che diventassero uomini con una coscienza, con un cuore. Vorrei che sapessero voler bene e che sapessero fare bene e del bene. Lo vorrei, ma poi, quando inciampo nelle scorrettezze della vita, mi chiedo se sia giusto educarli così. Mi chiedo se sia giusto insegnar loro che va avanti chi è corretto e non chi è più forte. Spero che sappiano trovare la loro strada e che quella strada non abbia troppi intralci. Vorrei che, se questo proprio non è possibile, dovessero incappare negli intralci della vita e non in quelli delle persone, quelle stesse persone che forse hanno avuto meno rampognate e che, proprio per questo, hanno imparato a farsi posto nel mondo senza passare dal via. FEDERICA CHICCA MEOGROSSI, L'AQUILA

giovedì 10 gennaio 2013

Uomini e donne

Provo un'istintiva diffidenza nei confronti di chi pronuncia spesso le parole "le donne" oppure "gli uomini". Non esistono "le" ne "gli". Esiste una donna. Esiste un uomo. Sempre uno ed una alla volta. Ed è di quelli che dobbiamo parlare. Non si nasce a mazzi. Paola Felice