martedì 28 dicembre 2010

La volgarità nel linguaggio politico


Del linguaggio usato dai politici non si parla mai abbastanza. Con alcune espressioni volgari, ma molto usate anche dall'oposizione come "mettere le mani nelle tasche degli italiani" si è fatta passare l'idea che le tasse siano un furto e che ha ragione chi non acetta che un altro "gli metta le mani in tasca", invece le tasse sono alla base della democrazia."
Il primo pensiero dei partiti non è governare guardando in avanti ma mantenere o aumentare il consenso, per questo non si sono mai dati la pena di spiegare che in democrazia ci sono diritti e doveri e che il primo di questi è pagare le tasse, per questo motivo la frase "mettere le mani in tasca" ecc. ha avuto un così grande sucesso e nessuno, neanche a sinistra si prende la briga di spiegare che pagare le tasse è un dovere, anzi, tutti inseguono la destra dichiarando che le abbasseranno ma non dicono che meno tasse uguale meno servizi, la categoria degli evasori poi è importante al momento del voto!!

by Isabella Poli

Fine anno - doverosi ringraziamenti a Berlusconi


Grazie per aver fatto de L’Aquila una città fantasma, facendo riscoprire ai suoi cittadini la gioia di vivere in periferia in accoglienti appartamenti con tutti i comfort, addirittura anche luce ed acqua corrente direttamente dal tetto e non la bruttura di vivere in squallide case antiche, molte delle quali addirittura imbrattate da sporchi dipinti di dubbio valore e provenienza. Grazie

Grazie per aver donato a tutti gli aquilani la gioia della tua presenza, ricca di sorrisi e pacche sulle (s)palle. Grazie

Grazie per aver donato agli sfollati aquilani l’ebbrezza di una vacanza al mare, alcuni non l’hanno ancora terminata. Una vera goduria. Grazie

Grazie per aver fatto della città de L’Aquila il luogo della speculazione per eccellenza facendo accorrere in gran numero i più onorabili faccendieri del Paese. Grazie

Grazie per aver gestito, prima l’emergenza e poi la ricostruzione, con personaggi di indubbio valore e correttezza morale quali Bertolaso e Cicchetti. Grazie

Grazie per aver cancellato la memoria e oscurato il futuro. Bisogna vivere il presente. Grazie

Grazie per aver generosamente donato aria pura agli abitanti di Terzigno e per aver ripulito in tempi record le strade della splendida città di Napoli. Grazie

Grazie per per esserti impossessato di tutti i canali TV eccetto Tele Kabul che lasciamo volentieri ai comunisti mangiabambini. Grazie

Grazie per propinarci, a tutte le ore del giorno e della notte, tette e culi in abbondanza: anche l’occhio vuole la sua parte e soprattutto i nostri bambini devono imparare sin da piccoli cosa significa essere un macho italiano. Grazie

Grazie per aver fatto del corpo femminile la principale merce di scambio ed aver dato alla parola “amore” il giusto significato. Sentimento, passione e tenerezza sono solo invenzioni dei comunisti per trombare gratis. Grazie

Grazie per aver annientato la cultura, gli uomini veri non se ne cibano. Grazie

Grazie per aver riempito le carceri di poveracci e proteggere mafiosi e camorristi. Grazie

Grazie per le tue battute di spirito che tengono alto il nome dell’Italia all’estero. Grazie

Grazie per aver fatto carta straccia del diritto dei lavoratori. Grazie

Grazie per aver fatto della sicurezza sul lavoro il tuo cavallo di battaglia. Grazie

Grazie per aver donato agli italiani un milione di posti di lavoro. Grazie

Grazie per non “aver messo le mani in tasca agli italiani” come se il dovere di pagare le tasse fosse un sopruso. Grazie

Grazie per aver ridato, mediante i condoni edilizi, dignità e prosperità alle nostre bellezze naturali, senza il tuo cemento sarebbero abbandonate al degrado. Grazie

Grazie per essere una persona così lungimirante da pensare sempre a risolvere i problemi per il bene dei cittadini, primo fra tutti il progetto per il ponte sullo stretto. Grazie

Grazie per aver fatto dell’omofobia lo sport nazionale. A morte i froci culattoni. Grazie

Grazie per aver fatto di Fede, Belpietro, Vespa e Feltri i migliori giornalisti italiani e campioni mondiali dei lecchini. Grazie

Grazie per essere sceso in campo ed aver dichiarato di voler stakanovisticamente fare anche i tempi supplementari. Grazie

Grazie per le tue apparizioni in TV, sempre all’insegna della classe, della tolleranza e del savoir-faire. Grazie

Grazie per considerare gli avversari politici dei “nemici da abbattere”. Grazie

Grazie per aver dato lavoro a sottosviluppati mentali come Bossi, Maroni, Calderoli, Castelli, Cicchitto, Capezzone e Bonaiuti. Grazie

Grazie per aver salvato le TUE associazioni a delinquere di stampo mafioso chiamate banche con i NOSTRI soldi. Grazie

Grazie per essere sceso sulla terra in nome di Dio. Grazie

Scusami infine se ho involontariamente omesso qualcosa ma sono talmente tanti i benefici apportati alla popolazione che è praticamente impossibile elencarli tutti

lunedì 27 dicembre 2010

La pensione pubblica si allontana sempre di più


Dal 2011 i requisiti per la rendita di anzianità fanno un altro scatto in avanti. E debutteranno le nuove finestre mobili: per riscuotere materialmente l'assegno, una volta raggiunti i requisiti, i lavoratori dipendenti dovranno aspettare dodici mesi e gli autonomi un anno e mezzo.
......in questo lasso di tempo si potrà sempre andare fuori da una chiesa o a qualche semaforo a chiedere l'elemosina.....

by Annalisa Fanni

27 dicembre 2008 - A Gaza il cielo si oscurò


Gli aerei israeliani colpirono per tutto il giorno la Striscia. Era l'inizio di «Piombo fuso» che dopo tre settimane avrebbe lasciato sul terreno 1.400 palestinesi morti, tra i quali centinaia di donne e bambini. Oggi a Roma la commemorazione delle vittime.


Gerusalemme, 27 dicembre 2010 - Apparvero in cielo all'improvviso intorno alle 11.30, le decine di cacciabombardieri israeliani che il 27 dicembre di due anni fa colpirono massicciamente e in più punti la Striscia di Gaza facendo strage in particolare di agenti di polizia riuniti per una cerimonia ufficiale. Ma era solo l'inizio di «Piombo fuso», il nome con il quale è nota l'offensiva israeliana contro Gaza, che in tre settimane avrebbe ucciso oltre 1.400 palestinesi e ferito almeno altri 5mila, in buona parte civili (gli israeliani uccisi furono 13, quasi tutti militari caduti in combattimento o per fuoco amico). Senza dimenticare le molte migliaia di abitazioni distrutte o danneggiate gravemente. Immensi i danni alle infrastrutture civili.


Raduni e commemorazioni per le vittime palestinesi di « Piombo fuso» sono previsti oggi in molte città del mondo, anche a Roma. Stasera alle ore 18, si terra' una manifestazione con candele e fiaccole in Piazza S. Marco e sulle scale del Campidoglio, che proseguirà in Piazza Navona, dove è stato allestito uno stand della Mezzaluna rossa palestinese. Nelle stesse ore dovrebbe fare ingresso a Gaza la «Carovana dell'Asia» con beni di prima necessità. La carovana era partita da Nuova Delhi in India lo scorso 2 dicembre e ha attraversato Pakistan, Iran, Turchia, Siria, Libano, Giordania ed Egitto.

Nel primo giorno di «Piombo fuso» i morti palestinesi furono stimati tra i 200 e i 300: il giorno con più caduti nei 60 anni di conflitto israelo-palestinese. I feriti furono 700. Tra gli obiettivi colpiti nelle prime fasi degli attacchi gli edifici della pubblica amministrazione e delle forze dell'ordine dipendenti dal governo di Hamas (che dal 2007 controlla Gaza), obiettivo ufficiale dell'offensiva lanciata dal governo israeliano. Tra gli obiettivi colpiti c'è una caserma di polizia in cui stava avvenendo la cerimonia di diploma per i nuovi ufficiali, nel cui bombardamento sono morte circa 40 persone tra cui il comandante della polizia di Gaza, Tawfiq Jaber (alla fine del conflitto saranno 230 i morti tra i membri delle forze dell'ordine dipendenti dal governo di Hamas). Il secondo giorno viene colpita anche anche l'università islamica di Gaza. I palestinesi rispondono con lanci di razzi che causano una vittima e diversi feriti tra gli israeliani.
Nell'arco di tempo che va dal 31 dicembre 2008 al 2 gennaio 2009, i raid di Israele uccidono diverse figure di rilievo di Hamas, tra cui Nizar Rayyan. Il 3 gennaio comincia anche l'attacco di terra, con il sistema sanitario di Gaza al collasso e con 250.000 abitanti senza elettricità e l'acqua corrente limitata. Il 6 gennaio 2009, un raid israeliano colpisce una scuola dell'Unrwa (Onu) adibita a rifugio per civili, facendo 40 morti. Pochi giorni dopo verrà colpito il quartier generale dell'Unrwa mentre si diffondono voci sull'utilizzo da parte di Israele di proiettili con fosforo bianco, confermate dall'indagine svolta dal giudice internazionale Richard Goldstone.

Nella serata del 17 gennaio il gabinetto di sicurezza dello Stato di Israele annuncia un «cessate il fuoco» unilaterale, precisando di aver realizzato e superato gli obiettivi prefissati dell'Operazione Piombo fuso. Cesseranno dunque i bombardamenti, i colpi di artiglieria e le incursioni, ma l'esercito di occupazione non abbandonerà l'area finché verranno lanciati ordigni. Hamas inizialmente non riconosce questa tregua, in quanto nessuna delle sue proposte (tregua di un anno, con possibilità di rinnovo, qualora Israele abbandoni la Striscia entro 5-7 giorni e ponga fine al blocco della Striscia di Gaza) è stata presa in considerazione. Dopo ventidue giorni, oltre 1.400 (tra i quali 410 bambini) vengono uccisi, i feriti invece sono 5.300. Da parte israeliana si calcolano invece 13 vittime, di cui tre civili e quasi 200 i feriti. Ma «Piombo fuso» in realtà non è mai finita. Prosegue il duro assedio israeliano (ed egiziano) di Gaza e nove attivisti turchi sono stati uccisi lo scorso 31 maggio da commando israeliani lanciati all'attacco delle navi della Freedom Flotilla diretta a Gaza con aiuti umanitari. Rimangono inascoltate le raccomandazioni contenute nel rapporto preparato dal giudice Goldstone, ora giudicato un «nemico» dalle autorità israeliane.

fonte: www.nena-news.com

venerdì 24 dicembre 2010

Conosco solo brava gente


Dunque,ai miei amici non devo augurare l'ipocrita bontà natalizia .Posso solo raccomandare di stare sereni,mangiare il giusto,non smadonnare con la tombola(a Natale pare brutto),odiare il capitale e aspettare che passi anche questo Natale. Buon Natale amici miei!!!!

by Marco Di Pietrantonio

giovedì 23 dicembre 2010

Le proposte di arresti preventivi non devono sorprendere più di tanto, hanno già arrestato preventivamente questa generazione.


NICHI VENDOLA

Non citerò tua Madre...per non offendere le Battone!


Non chiamerò in causa le tue Figlie...per non turbare le Squillo!
Non rivolgerò pensieri alle tue Nonne....per non screditare le Maitresse!
Mi rivolgerò solo a te: Pensi di essere uno statista?
Sbagliato!..Sei un...Pagliaccio!

by Mariano Primo

Stamattina sulla corriera,l'autista indossava con allegria il cappello di Babbo Natale con le lucine,


gli ho chiesto se era per i venti esuberi che hanno in azienda...Mi viene in mente un detto napoletano:"troppo comodo fare la prostituta con il culo degli altri"...in questo caso dei lavoratori!!!!

by Maria Esposito

mercoledì 22 dicembre 2010

Chiapas - La strage di Acteal - 22 dicembre 1997


Oggi ricorre il tredicesimo anniversario della strage di Acteal, villaggio Tzotziles del Chiapas, Messico. Uno degli episodi più neri della storia del Chiapas, sul quale ancora oggi non è stata fatta giustizia.


La storia. Accadde il 22 dicembre del 1997. La mattanza durò più di sette ore. Quelli che riuscirono a venir fuori illesi dalla chiesetta e a scappare, si rivolsero ad una pattuglia della polizia che stazionava nella zona, senza ricevere alcun tipo di aiuto e il fatto aggiunse solo dolore al dolore. Nonostante quello che era accaduto, non si persero d’animo e, con tutta la velocità che avevano in corpo, corsero a chiamare altri indigeni delle comunità vicine. Ma servì a poco: riuscirono solo a vedere una camionetta della polizia che portava in salvo i paramilitari, lasciando a terra i corpi straziati di decine di innocenti. Tutto questo senza una ragione, senza un motivo. Neppure quello di contatti con l’Ezln, visto che gli indigeni in questione non erano legati al movimento del Sub Comandante Marcos.
Ma i parenti, gli amici, gli indigeni del Chiapas non hanno dimenticato.

Tutto è iniziato il 1° Gennaio 2003 con l'insurrezione zapatista. Tutto è iniziato 500 anni fa, con la conquista dell'America ed il genocidio degli Indios e lo sfruttamento incontrollato e distruttivo del continente da parte degli europei; del nascente capitalismo europeo avido, come sempre, di risorse umane e materiali, per poter crescere.
Una fame che da allora è sempre più diventata grande, portando allo sterminio di milioni di uomini in Messico, come in tutto il mondo. Una logica di dominio, quella capitalista, che rende uguali fra loro gli zapatisti, i kurdi, gli albanesi, i disoccupati, i poveri del Nord e del Sud del mondo, vittime tutte del neoliberismo imperante.
Il Chiapas è ovunque quindi, e l'atto di ribellione degli zapatisti è un esempio per la lotta della comunità degli sfruttati e un monito contro ogni forma di potere, politico ed economico. Compagni della stessa schiavitù, compagni della stessa lotta, la solidarietà che possiamo e dobbiamo esprimere verso gli indios del Chiapas è quella che da sempre unisce nell'azione tutti gli sfruttati: la solidarietà di classe.

lunedì 13 dicembre 2010

LIBRI: Le ragazze di Benin City di Isoke Aikpitanyi


La guerra alla prostituzione forse non sarà mai vinta, ma ogni volta che una ragazza verrà liberata dalla schiavitù della tratta,e come donna riacquisterà la sua dignità e rispetto umano, avremo vinto una importante battaglia.
Sognava un lavoro come commessa in Italia. Per averlo, aveva giurato di pagare 30mila euro. Ma quando Isoke Aikpitanyi,nigeriana di Benin City, e' arrivata a Torino, nel dicembre del 2000, ha scoperto che il 'posto di lavoro' che le avevano promesso non era affatto in un negozio: ''Era in mezzo a una strada, anzi un marciapiede. Intorno a me camminavano ragazze seminude, nonostante il freddo e la neve, con delle scarpe dal tacco altissimo: prostitute. Peggio: vere e proprie schiave del marciapiede'' racconta oggi Isoke. ''In Italia ne arrivano a migliaia, e tra queste ci sono anche ragazzine di 12-13 anni, cedute dai genitori alle 'maman'. Per pagare i 30-60 mila euro del viaggio sono costrette a prostituirsi. E quelle che provano a ribellarsi vengono picchiate, violentate, uccise in modo terribile per dare l'esempio alle altre''. E' la prima volta, in Italia, che una ex 'schiava del
marciapiede' racconta la sua storia in un libro. L'autrice e' Laura Maragnani, giornalista di Panorama, che ha lavorato insieme a Isoke per un anno: ''Abbiamo coinvolto nel progetto del libro una cinquantina di ragazze di Benin City e dintorni,
tutte vittime ed ex vittime della tratta. Molte sono ancora sui marciapiedi italiani a lavorare, alcune si sono sposate con dei clienti, altre sono sfuggite al racket ma sono costrette a vivere nascoste per paura di essere uccise'' spiega la Maragnani. ''Altre, invece, dopo aver pagato il debito con l'organizzazione che le ha fatte venire in Italia, comprano delle ragazze in Nigeria e diventano, a loro volta, delle maman''. In un racconto di bella qualita' narrativa, in stile molto
corale, in tono diretto, Isoke da' voce alle peripezie di Osas, che per arrivare in Italia ha viaggiato due anni attraverso il deserto (''ora niente piu' la spaventa''), e di Amenawa, che ha partorito in casa il suo bambino, di nascosto, e poi e' stata costretta a mandarlo dai nonni in Africa (''non lo vede da sei anni, se non nelle foto che le arrivano a ogni compleanno''). racconta di Prudence, violentata e torturata da un cliente ma troppo impaurita per andare al pronto soccorso, e di Tessie, obbligata dalla sua maman a bere dell'acido muriatico come
punizione per essersi ribellata. Riti vudu', aborti clandestini, botte, minacce. Ma anche impensabili tenerezze: ''Sono molti i clienti che si innamorano delle ragazze e fanno di tutto per aiutarle a uscire dal giro'' racconta infatti Isoke.
Anche lei sta per sposarsi, ad Aosta, con un fidanzato italiano. E' uscita dal giro, ha quasi 28 anni, sta preparando gli esami di terza media. Ha un permesso di soggiorno come colf ma il suo sogno piu' grande e' quello di aprire, ad Aosta, una piccola casa di accoglienza per le ragazze di Benin City. ''Non basta liberarle dal racket del marciapiede, bisogna anche aiutarle a inserirsi in un paese che non e' il loro e di cui non sanno praticamente niente, ma in cui devono continuare a vivere''
spiega infatti. ''Perche' tornare in patria, per loro, e' impossibile: le famiglie, anche se hanno vissuto alle loro spalle per anni, le rifiutano completamente. In Italia, le accusano, avete fatto una brutta vita''. (ANSA).

sabato 4 dicembre 2010

Acqua pubblica, manifestazione nazionale sabato 4 dicembre 2010. Forum italiano dei Movimenti per l’acqua contro la privatizzazione


MANIFESTAZIONE ACQUA PUBBLICA 4 DICEMBRE 2010 – In tutto il mondo si manifesterà contro la privatizzazione dell’acqua, il prossimo 4 dicembre, e anche in Italia si prepara alla manifestazione nazionale che dopo la raccolta di firme referendaria alla quale hanno risposto oltre un milione e quattrocentomila donne e uomini.
Il Forum italiano dei Movimenti per l’acqua ribadisce la necessità della battaglia per l’acqua pubblica intesa come una battaglia di civiltà, per la tutela e l’accesso universale ad un bene comune.
Pertanto, sottolinea in una nota il comitato promotore, è stata messa in discussione la normativa attualmente vigente in tema di gestione del servizio idrico, a partire dal “decreto Ronchi” che ne vuole rendere definitiva la privatizzazione: è stato chiesto alle forze politiche e istituzionali l’immediata approvazione, entro il 31.12.2010, di un provvedimento di moratoria sulle scadenze previste dal “decreto Ronchi” e sulla normativa di soppressione delle Autorità d’Ambito territoriale.
Infatti, fanno sapere gli organizzatori, le scadenze imposte dall’art. 23 bis della Legge n. 133/2008 e successive modificazioni, (31 dicembre 2010 in alcune situazioni e 31 dicembre 2011 per altre), e quelle previste dalla Legge 42/2010 sulla soppressione delle A.ATO, come organi di decisione da parte dei Comuni sui modelli di affidamento, rischiano di far accelerare i processi di privatizzazione in corso e vanno di conseguenza posticipate a dopo il referendum.
Un’accelerazione che tuttavia dovrà tenere conto della situazione politica attuale. Il Forum italiano dei Movimenti per l’acqua ricorda che in caso di elezioni anticipate, la scadenza referendaria, attualmente prevista per la primavera 2011, verrebbe posticipata di un anno. E così, il forum chiede che da subito le forze politiche e istituzionali si impegnino ad approvare, nel caso si renda necessario, un provvedimento di deroga a quanto previsto dalla Legge 352/1970, in modo da poter svolgere i referendum entro il 2011.


Un altro appello viene rivolto agli enti locali di procedere verso la ripubblicizzazione del servizio idrico e la sua gestione pubblica e partecipativa, e di fermare tutte quelle iniziative che predispongono l’ingresso dei privati nelle società.

La stessa Assemblea delle Nazioni Unite- rende noto il Forum- ha riconosciuto quest’anno – con il voto favorevole del Governo italiano- che “l’acqua potabile è un diritto fondamentale, essenziale per il pieno godimento del diritto alla vita e di tutti i diritti dell’uomo” ed ha rivolto l’invito agli Stati ed alle Organizzazioni internazionali a fornire tutte le risorse finanziarie.

venerdì 3 dicembre 2010

Mentre a Rosarno i migranti muoiono di polmonite, le istituzioni sono assenti e le forze dell'ordine arrestano i "clandestini"


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Osservatorio Migranti Africalabria.it

Rosarno, 2 dicembre 2010.
Sono passati poco più di 15 giorni dalla morte di Marcus, il cittadino del Gambia, che viveva in una catapecchia semi-diroccata in mezzo alla campagna senza acqua nè luce nè gas, morto per le conseguenze di una polmonite bilaterale, non in un qualsiasi paese in via di sviluppo ma nella moderna e civile Italia...E intanto a Rosarno continuano gli sgomberi e gli arresti. Gli ultimi stamattina: 10 africani, in prevalenza ghanesi e nigeriani, che abitavano in un tugurio in pieno centro abitato, portati via dalla polizia.
Dopo i fatti di gennaio dell'anno scorso e la deportazione di 2500 immigrati, abbiamo assistito ad una stucchevole processione da parte di parlamentari nazionali ed europei, commissioni Schengen, segretari di partito e consoli americani. Ci sono state vibranti proteste da parte di paesi stranieri, questori che hanno sputtanato istituzioni e sindacati denunciandone la cronica assenza. Abbiamo letto comunicati stampa da parte di chiunque, Rosarno è stata teatro e palcoscenico di passerelle, pardon, seminari, convegni con ospiti di grande prestigio, economisti, ex presidenti della camera e via discorrendo. In tanti sono venuti a Rosarno a dirci qualcosa: che siamo razzisti o che non lo siamo, che c'è la mafia o che non c'è e bla bla bla. I sindacati confederali (gli stessi sputtanati dal questore) organizzano il 1° maggio a Rosarno, disobbedienti e antagonisti o sedicenti tali vi aderiscono e rivendicano la partecipazione (sti cazzi...!) Per la cronaca, noi che non siamo nè l'uno nè l'altro non abbiamo aderito!

Tutti avevamo chiesto a gran voce una sistemazione dignitosa per i migranti, anche quelli che dopo i disordini ne avevano preteso la cacciata.Bene..., dopo tutto sto casino, ci si sarebbe aspettato un minimo di intervento in direzione dell'accoglienza e invece?Invece abbiamo visto solo repressione!Ghetti, grandi fabbriche e casolari abbandonati interdetti e arresti a casaccio!Magari gli ultimi arrestati sono gli stessi irregolari che dopo 6 mesi di CIE a Bari, sono stati ributtati in mezzo alla strada dopo che lo sceriffo di ferro Maroni aveva tuonato: "i clandestini saranno espulsi!"Espulsi appunto..., ma che significa? Significa che ti tengo 6 mesi in un lager, dopo di che, ti metto in mano l'ennesimo foglio di carta con su scritto "te ne devi andare!"
A gennaio scorso, accompagnavamo alcuni dei ragazzi feriti dopo gli scontri ad incontrare il Presidente della Repubblica in visita a Reggio Calabria, mentre li baciava ad uno ad uno e, in un perfetto inglese, diceva loro "dobbiamo fare di più per gli immigrati", a Rosarno, nello stesso istante, i prefetti di ferro"mandati dal governo a ripristinare la legalità" nei nostri territori (sticazzi again), mandavano i vigili urbani ad operare gli "sgomberi umanitari", che tradotto in parole potabili significa calci in culo e niente più!

Gli africani son tornati anche quest'anno quindi, ma sono molti di meno rispetto agli anni precedenti. L'anno scorso, in un territorio che abbracciava i comuni di Rosarno, Gioia Tauro, San Ferdinando, Rizziconi, Melicucco e Taurianova, nel mese di dicembre ce n'erano 2500, oggi circa 700, più o meno gli stessi che erano ritornati già l'anno scorso dopo la deportazione. Sono aumentati invece i cittadini dell'est Europa, fonti del comune parlano di 50 autobus arrivati dalla Bulgaria.
C'era forse qualcuno che pensava che non ne sarebbero ritornati? Tutti sapevamo che sarebbero tornati ma, a parte l''interessante mediazione della parrocchia di Drosi con i proprietari di immobili per l'affitto di case a prezzi equi (una goccia in mezzo al mare),nel resto della Piana, gli africani sono abbandonati a loro stessi e o s'affittano un posto letto nelle poche case o garage disponibili o si sistemano alla meno peggio da qualche parte.

SAREBBE STATO FANTASCIENTIFICO IMMAGINARE UNA PROGRAMMAZIONE DA PARTE DELLE ISTITUZIONI? RITENIAMO DI NO! E non riusciamo a comprendere quali possano essere gli impedimenti per un intervento di accoglienza specie quest'anno che le presenze sono di gran lunga inferiori rispetto agli anni precedenti. Eppure i soldi arrivano nella Piana, eccome se arrivano...L'anno scorso ad esempio, il buon Maroni promise 200mila euro a marzo e li mandò ad aprile: sarebbe interessante sapere quando ecome sono stati impiegati, giusto perchè sono soldi pubblici e non soldi personali del conto corrente del ministro. Ma parrebbe più facile conoscere come vengono spesi i soldi al Quirinale...

PER CUI ANCHE QUEST'ANNO CI VEDIAMO COSTRETTI A DENUNCIARE I GRANDI ASSENTI: LE ISTITUZIONI A TUTTI I LIVELLI, dal GOVERNO CENTRALEagli ENTI LOCALI, passando per REGIONEe PROVINCIA di REGGIO CALABRIA.
Tutti bravia vendere fumo, a parlare di progetti, di corsi di formazione per gli immigrati, a suon di milioni di euro, a presentare mozioni e interpellanze, a finanziare, a suon di centinaia di migliaia di euro, progetti per i migranti di cui i migranti non sanno nulla.
Avvoltoi e sciacalli svolazzano sopra Rosarno e in questa categoria non vi stanno solo i cosiddetti cattivi, ma rientrano a pieno titolo anche i "buoni", i paladini dei diritti dei migranti e dei lavoratori e i professionisti dell'antimafia.
ALTRA ASSENTE INGIUSTIFICATA: LA CARITAS NAZIONALE, che viene a Rosarno a presentare il rapporto annuale sull'immigrazione, ma non spiega come mai è presente con la sua strutturaaCastel Volturnoe non a Rosarno, dove la presenza significativa dei migranti coincide con i mesi più freddi dell'anno.
Rassegnatevi cari fratelli africani,l'Italia è un paese strano, c'hanno cancellato la cultura e resettato la memoria, quindi noi italiani non lo sappiamo che siamo stati anche noi migranti, che quello che la Lega Nord oggi dice degli immigrati qualche anno fa lo diceva dei meridionali e ancora qualche anno più addietro lo dicevano di noi italiani in quei paesi dove andavamo a bussare.
Eh sì..., siamo proprio un paese strano, vi sono60 milioni di italiani in giro per il mondo ma l'Italia è diventato un paese inospitale verso gli immigrati, hala Costituzione più bella del mondo, ma gli italiani non la conoscono e le istituzioni la violentano quotidianamente.
A proposito di Costituzioni...
Dalla Costituzione dell'Impero Mandingo, lapiù vecchia costituzione al mondo, redatta in Mali nel 1236 con il nome di Carta di Kurukan Fuga e votata con un'assemblea di popolo ...
Art. 5 "Ciascuno ha diritto alla vita e allapreservazione della sua integrità fisica"
Art. 16 " LE donne, oltre alle occupazioni quotidiane, devono essere associate a tutti i nostri governi".
Art. 24 "Non fate mai torto agli stranieri"

Giuseppe Pugliese

DIECI, CENTO, MILLE ASSANGE


Julian Paul Assange (Townsville, 3 luglio 1971) è un giornalista, programmatore e attivista di internet australiano, noto principalmente per la sua collaborazione al sito WikiLeaks.

Assange nasce a Townsville, nel Queensland, nel 1971[1]. Si sposa a diciotto anni e diventa padre; poi si separa dalla moglie[1].
Verso la fine degli anni '80, diviene membro di un gruppo di hacker noto come "International Subversives" (Sovversivi Internazionali), utilizzando lo pseudonimo di "Mendax" (Da una frase di Orazio: "splendido mendace").[2]. Nel 1991 subisce un'irruzione nella sua casa di Melbourne da parte della polizia federale australiana.[3]. Egli sarebbe infatti riuscito ad accedere via modem a vari computer appartenenti ad una università australiana e ad entrare nel sistema informatico dello United States Department of Defense.[1][4] Nel 1992 gli vengono imputati 24 capi di accusa di hacking, viene condannato ma in seguito rilasciato per buona condotta dopo aver pagato una multa di 2100AU$.
Nel 1995 programma Strobe[5], software open-source dedicato al port scanning. Nel 1997 collabora alla stesura del libro Underground: Tales of Hacking, Madness and Obsession on the Electronic Frontier.
Dal 2003 al 2006, studia fisica e matematica all'Università di Melbourne, ma non ottiene una laurea.[4] Studia anche filosofia e neuroscienze.[6]
A partire dal 2007 è tra i promotori del sito web Wikileaks, del quale si definisce editor in chief[7].
Il 18 novembre 2010 il Tribunale di Stoccolma spicca un mandato di arresto in contumacia nei suoi confronti con l'accusa, da parte di due donne, per stupro, molestie e coercizione illegale.[8] Molti hanno sollevato dubbi sulla natura del provvedimento[9], mettendo in rilievo la coincidenza temporale con l'avvento di nuove rivelazioni che (a detta del Pentagono[10]) sono "un tentativo irresponsabile di destabilizzare la sicurezza globale". Il 20 novembre è stato istituito un mandato di arresto internazionale tramite Interpol dalla forza di polizia svedese.[11] In aggiunta è stato diramato un mandato di arresto nell'Unione Europea tramite il Sistema di Informazione Schengen. "Abbiamo voluto assicurarci che fosse visibile da tutte le forze di polizia del mondo", ha affermato un portavoce della polizia nazionale svedese.[12][13]
Il 28 novembre, WikiLeaks rilascia oltre 251.000 documenti diplomatici statunitensi, molti dei quali etichettati come "confidenziali" o "segreti". Il giorno seguente, l'Attorney general dell'Australia, Robert McClelland, dichiara alla stampa che l'Australia è intenzionata a investigare sulle attività di Assange e di Wikileaks.[14] Afferma inoltre che, "dal punto di vista dell'Australia, ci potrebbe essere un buon numero di leggi violate con il rilascio di queste informazioni. La polizia federale australiana lo sta verificando."[15] McClelland non esclude la possibilità del ritiro del passaporto australiano di Assange. Il sito Wikileaks, visibile fino al 30 novembre 2010, è stato oscurato dal 1° dicembre 2010.

Non è ancora chiaro se c'è qualcuno dietro ne quale consequenze avrà ma questa mi sembra un'operazione di verità e va contro il potere stabilito, in un'epoca come la nostra, dove la democrazia si è molto indebolita mi sembra importante che i canali d'informazione restino aperti, poi saremo noi a giudicare.
e me ne frego se è manovrato.
L'importante è che destabilizza.
La Cina oscura il sito; mandato di cattura in 188 paesi con la sigla di Most Wanted al pari di Osama Bin Laden; il Pentagono che si affida al miglior hacker del mondo per “spegnere” Wikileaks. Eppure Assange resiste. E DEVE resistere.

giovedì 2 dicembre 2010

Ignazio Cutrò si incatena al Viminale: "Voglio giustizia"


“Lo Stato italiano mi ha prima usato per istruire un processo al gotha mafioso del bivonese e della bassa quisquina e poi mi ha abbandonato al mio destino. Ora basta, fino a quando non mi sarà restituito il mio lavoro, la mia sicurezza e la mia dignità di imprenditore che ha denunciato cosa nostra, io rimarrò incatenato davanti al Ministero dell'Interno. Se la mafia non mi ha ancora ucciso allora mi lascerò morire di fronte all'indifferenza delle istituzioni”.

Ignazio Cutrò ha con queste parole comunicato alla stampa le motivazioni che lo hanno portato in queste ore, assieme all'imprenditrice palermitana Valeria Grasso, accusatrice del clan Madonia, a legarsi davanti il palazzo del Viminale.

“Finchè il ministro dell'Interno non ci riceverà e non ci metterà per iscritto che risolverà i problemi, che prima di schierarci con lo Stato non avevamo - ha aggiunto - noi rimarremo qui, incatenati, per tutto il tempo che servirà”.

Un folto gruppo di persone si sta radunando attorno ai due "imprenditori coraggio" e anche una delegazione parlamentare dovrebbe recarsi nei prossimi minuti presso quello che ormai è diventato un presidio di legalità

fonte: agrigentonotizie.it

LIBRI: I banditi della libertà. La straordinaria storia della brigata Maiella partigiani senza partito e soldati senza stellette


E'un documento storico che si legge come un romanzo, scritto in modo magistrale. E' un riconoscimento a uomini eccezionali, che hanno segnato la storia della Resistenza italiana, che hanno offerto il loro tributo di sangue senza aspettarsi nulla, se non la propria e l'altrui riconquista della libertà. Persone di diversa estrazione sociale e di diversa ideologia politica: ragazzi, uomini, padri di famiglia, che non hanno esitato a mettere a repentaglio la propria vita ed a perderla, per un senso inscalfibile dell'onore e della libertà. Persone che non si sono reputate eroi e che, alla fine del loro operato, sono tornate alla vita di civili declinando onori, premi e riconoscimenti, con la sola consapevolezza di aver fatto il proprio dovere. Qui c'è una Storia che parla di persone che la storia l'hanno fatta, una Storia che rende omaggio anche alle povere vittime civili, sconosciute, uccise solo per disumanità e crudele barbarie, e le sottrae all'oblio, ricordandone i nomi, uno per uno.

mercoledì 1 dicembre 2010

Io resto perchè mia figlia deve imparare che non si fugge...si combatte!


Resto, perchè voglio fare il possibile affinchè uno Stato nato dal sacrificio dei Partigiano antifascisti possa ritrovare proprio quei valori, oggi dimenticati.

resto perchè ho diritto a vivere e a morire con dignità

resto perché ho già visto "Vieni via con me" battere il "Grande Fratello"..

RESTO PERCHE :Silvio potrebbe avere a disposizione tutte le richezze di questa terra ma non potrebbe MAI comprare due cose; non potrà MAI comprare Noi Tutti, non potrà MAI comprare la Dignità, lo spessore e la statura che occorrono a un politico per essere uno Statista.

io resto perchè l'italia è nostra e non loro..

resto perchè un berlusca lo trovo dappertutto l'italia la trovo solo qui

resto perchè nonostante i 4 immigrati sono scesi dalla gru, ci sono ancora i 5 ragazzi sulla torre a milano, gli operai sulla torre di nocera umbra e tantissima gente per cui lottare!!

io resto perchè non sono solo, voi resistete con me

Io resto perchè abbiamo la Costituzione più bella del mondo.

Resto, perchè restare significa "CAMBIAMENTO"

io resto perchè se non ne sono andati i partigiani che avevano tutti i motivi perchè me ne dovrei andare io?! ora e sempre resistenza!

Berlusconi: "I veri studenti stanno a casa a studiare e non in piazza".


Silvio, Silvio....i nonni la sera stanno a casa con i figli e i nipoti....non ai festini pieni di zoccole


Federica Volpe

martedì 30 novembre 2010

L'Aquila a Vieni via con me.....? Come la cipolla nel minestrone



quanto basta per insaporire, ma che poi sparisca in mezzo a tutto il resto.....diranno tutti che il minestrone è buono....sì.....

Sono sicura di non essere stata fraintesa, ma specifico...
La trasmissione mi piace moltissimo....e non mi aspettavo una puntata su L'Aquila, ma un filo conduttore sì...e che al momento di parlare della città, si parlasse delle infiltrazioni mafiose, delle nomine criminali, delle indagini sugli isolatori sismici, del costo delle C.A.S.E., del sistema delle ordinanze, della disoccupazione, delle cifre sbandierate e di quelle effettive, delle tasse............insomma....di quello che ci impedisce di ripartire....cos'è che gli aquilani vanno urlando...per cosa manifestano, cosa chiedono...ecco.
Non mi è piaciuto che si battesse il chiodo ancora una volta sulla Casa dello Studente...e non perchè non lo meriti, ma perchè da lì si è partiti....avrei voluto che si mostrasse a che punto siamo....
E aggiungo....6.3, non 5.8...e 309 vittime, non 308. E' importante.

Federica volpe

IO DICO NO - 30 novembre: Giornata Mondiale contro la pena di morte



Oggi si celebra l’ottava Giornata mondiale contro la pena di morte, quest’anno dedicata alla pena capitale negli Stati Uniti, dove dall’inizio dell’anno sono stati condannati 41 prigionieri e altri 3200 aspettano, nel braccio della morte, che la sentenza venga eseguita.

In tutto il mondo Amnesty International, insieme ad altre associazioni non governative, propone una serie di iniziative perché si arrivi al più presto ad una moratoria internazionale che porti all’abolizione della pena di morte.


Mappa della legislazione sulla pena di morte di tutti i Paesi
Negli ultimi dieci anni il trend è stato positivo, con una diminuzione dei paesi mantenitori che nel 2007 erano 49. Nel 2009 il primato delle condanne capitali eseguite spetta nell’ordine a Cina – intorno alle 5000 esecuzioni – Iran e Iraq, Paesi che permettono all’Asia di essere il continente in cui si concentra la quasi totalità delle condanne.

Per quanto riguarda l’Africa, i 50 Paesi che nel 2009 hanno partecipato alla conferenza sulla pena di morte organizzata dalla Commissione africana per i diritti umani e dei popoli, hanno fatto unanime richiesta a tutti gli stati africani di abolire la pena di morte e di adottare un protocollo alla Carta Africana sui Diritti Umani e dei Popoli sull’abolizione della pena capitale in Africa.

L’unica eccezione in Europa è rappresentata dalla Bielorussia, sollecitata dall’Osce ad adottare quanto prima una moratoria sulle esecuzioni. Il Kazakistan e la Lettonia sono stati invitati a modificare la propria legislazione che prevede ancora la pena di morte per certi reati.

La situazione delle Americhe subisce il peso degli Usa, dove la pena di morte è ampiamente diffusa e dove nel 2009 sono state giustiziate 54 persone.


I METODI - Nel corso della storia sono stati diversi i metodi utilizzati per eseguire la sentenza di morte: dalla ghigliottina alla garrota, fino ad arrivare alle modalità tutt’ora previste da molti Stati.


Sedia elettrica
Negli Usa, 10 stati prevedono l’uso della sedia elettrica, su cui da anni si dibatte sia a causa del lungo periodo di tempo – tra i 10 ed i 15 minuti – necessario affinché il condannato muoia, manche per la risposta molto violenta e incontrollata del corpo all’alto voltaggio somministrato. Usata “solo” 31 volte, di cui l’ultima nel 1999, la camera a gas, sfrutta l’asfissia indotta dal gas cianuro e che conduce alla perdita di conoscenza a cui segue la morte. Tre stati lo Utah, l’Oklahoma e l’Idaho prevedono la fucilazione, eseguita da cinque uomini a schiera. Il metodo più usato è comunque l’iniezione letale, introdotta in Texas nel 1977 e da allora usata in quasi i tre quarti delle esecuzioni, anche perché è il metodo riconosciuto sia dal governo federale che dalle forze armate.

A questi metodi si aggiunge la decapitazione, ancora diffusa in Arabia Saudita, l’impiccagione diffusa in Medio Oriente, ma per lungo tempo praticata anche negli Stati Uniti, insieme alla lapidazione: il condannato viene interrato – se si tratta di una donna fino alle ascelle, altrimenti fino alla vita – e i funzionari incaricati di eseguire la sentenza, ma anche semplici cittadini iniziano la lapidazione scagliando pietre, di dimensioni non troppo grandi, sul condannato fino al sopraggiungere di una morte dolorosissima.

IL DIBATTITO SUI METODI – Oltre al dibattito etico e morale sulla pena di morte, sono molte le polemiche sulle modalità di esecuzione delle sentenze, come nel caso dello studio condotto nel 2005 da alcuni ricercatori dell’Università di Miami che per primi sostennero la crudeltà dell’iniezione letale.

Negli ultimi tempi alla questione etica si è aggiunto il problema della scarsa reperibilità del Pentotal (sodio tiopentale), il barbiturico previsto da tutti i protocolli di iniezione letale negli Stati Uniti e che sembra scarseggiare in molti Stati che invece avrebbero già in programma diverse condanne a morte. Il motivo reale di questa penuria non è individuabile, ma la Haspira – gigante farmaceutico internazionale – ha dichiarato che «la ditta produce questo farmaco per migliorare o salvare una vita umana e che il suo uso va limitato esclusivamente alle indicazioni scritte sull’etichetta del farmaco, il quale non è indicato per la pena capitale». Diverse le conclusioni che è possibile trarre.

Anche la lapidazione è tra i metodi più contestati, e di certo più crudeli e bestiali, soprattutto perché divenuto un simbolo politico della lotta al Medio Oriente barbaro che per molti è conveniente mostrare.

Il punto fondamentale su cui si concentrano le polemiche è il tempo necessario a morire ed il dolore provocato al condannato. Verrebbe da pensare che forse la decapitazione rappresenta la soluzione più “civile”.

IL DIBATTITO SUI CONDANNATI – La certezza assoluta della colpevolezza si verifica in una percentuale bassissima di casi. Il National Institute of Mental Health ha denunciato che circa il 10% di tutti i detenuti nel braccio della morte statunitense è affetto da malattie mentali e in molti Paesi si è condannati per reati di fatto non oggettivamente definibili. La condanna a morte di una donna desta sempre più scalpore e più sdegno rispetto alla condanna di un uomo; in molti casi il colore della pelle è stato determinante per l’emissione della sentenza di morte. Il dibattito su tutti questi temi sarebbe inesauribile e porterebbe ad attingere ad una serie di argomenti strettamente correlati tra loro.

IL DIBATTITO ETICO - Per i convinti sostenitori della pena di morte, questa è la giusta punizione per chi si macchia di crimini gravi. Per chi lotta per l’abolizione sembra più una vendetta a freddo. In effetti non esistono prove che supportino l’effetto deterrente della pena capitale, servirebbe piuttosto un sistema di prevenzione del crimine. Da non dimenticare che anche i condannati hanno famiglia e amici, persone che sentono il peso della condanna e ne pagano le conseguenze.

Resta il fatto che la condanna a morte non può che essere vista come una violazione dei diritti umani. La strada per la totale abolizione della pena capitale sembra ancora lunga, ma la situazione si sta lentamente sbloccando, muovendosi verso posizioni abolizioniste.

Dopo l’affaire Sakineh-Teresa Lewis sembra sempre più urgente uniformarsi a regole condivise che arginino il più possibile la totale discrezionalità di ogni Stato in materia di punizione del crimine con la pena di morte

di Francesca Penza
http://www.wakeupnews.eu/

lunedì 29 novembre 2010

LIBRI: Maria Luisa Busi - Brutte Notizie


C'è quella da cartolina, dove si mangia bene e i problemi non esistono o, alla peggio, si risolvono da soli.
E c'è poi un'altra Italia fatta di povertà emergenti o consolidate, di disoccupazione e precariato, di mercificazione delle donne, di conflitti d'interesse, di uso politico dei media.
In un paese normale, un giornalista del servizio pubblico dovrebbe avere il diritto (e il dovere) di raccontare tutto questo.

Se un lavoratore muore


lettera aperta di un metalmeccanico

Se un lavoratore muore, Il Ministero del Lavoro spende ben 9 milioni di euro, per fare una campagna per la sicurezza, dal titolo "Sicurezza sul lavoro.La pretende chi si vuole bene" Se un lavoratore muore, ai familiari viene data una rendita da fame o peggio solo un assegno di rimborso spese funerarie. Se un lavoratore muore, Il Ministro Tremonti dice che "robe come la 626 sono un lusso che non possiamo permetterci". Se un lavoratore muore, Il Governo Berlusconi varà il Dlgs 106/09, che stravolge il Testo Unico per la sicurezza sul lavoro voluto dal Governo Prodi (Dlgs 81/08). Se un lavoratore muore, i mezzi d'informazione ne parlano raramente. Se un lavoratore muore, i sindacati confederali proclamano uno sciopero generale di un ora. Se un lavoratore muore, non si aumentano gli ispettori Asl. Se un lavoratore muore, L'Inail dice che le morti sul lavoro sono in calo. Se un lavoratore muore, lo Stato utilizza il "tesoretto" derivante dagli avanti di bilancio Inail, che a ammonta a circa 15 miliardi di euro , per ripianare i debiti, quando questi soldi dovrebbero essere utilizzati per aumentare le rendite da fame agli invalidi e ai familiari delle vittime del lavoro. Se un lavoratore muore, ci dicono che oltre il 50% degli infortuni mortali avviene su strada e non nei luoghi di lavoro. Se un lavoratore muore, è normale, doveva succedere, infatti quasi nessuno s'indigna più. Se un lavoratore muore, non si insegna la sicurezza sul lavoro a partire dalle scuole elementari. Se un lavoratore muore, il datore di lavoro viene condannato, molto spesso, a pene irrisorie. Se un lavoratore muore, è perchè la sicurezza sul lavoro è un costo insopportabile per le aziende. Se un lavoratore muore, si fanno "lacrime di coccodrillo", invece ci vorrebbero i fatti per fermare questo stillicidio quotidiano nei luoghi di lavoro.

Marco Bazzoni-Operaio metalmeccanico e Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza-Firenze

29 novembre: Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese


Ogni 29 novembre in tutto il mondo si celebra la Giornata delle Nazioni Unite per la solidarietà con il popolo palestinese, a ricordo della risoluzione 181, emanata il 29 novembre del 1947 dall'Onu, che sancì la spartizione della Palestina storica, ponendo le basi per la creazione dello Stato israeliano e per la Nakba, la tragedia e pulizia etnica della popolazione palestinese ad opera degli squadroni del terrorismo sionista prima, e delle forze militari israeliane dopo.

Nel 1977, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite istituì per il 29 novembre la Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese (risoluzione 32/40 B).

Nella risoluzione 60/37 del 1° dicembre 2005, l'Assemblea generale chiese al Comitato per l'Esercizio degli inalienabili diritti del popolo palestinese e alla Divisione per i diritti palestinesi, in quanto parti per l'osservanza della Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese, stabilita il 29 novembre, di continuare a organizzare celebrazioni ed eventi annuali sui diritti palestinesi, in collaborazione con la "Permanent Observer Mission of Palestine" dell'Onu.

La spartizione della Palestina: cenni storici.
La Gran Bretagna si ritira. Subentrano ONU e Usa. Un Comitato anglo-americano, riunito nel 1946 per esaminare la situazione che si era così venuta a creare, rilevò come gli ebrei avessero fondato una serie di strutture socio-economiche, oltre che militari, che rendevano loro inaccettabile una tale restrizione dei diritti economici e politici quale si era avuta col White Paper e le Land Transfer Regulations. Si raccomandava quindi di abolire queste ultime, e di rilasciare 100.000 nuovi permessi per l’arrivo in Palestina di rifugiati dai paesi europei dove era in atto il Genocidio degli ebrei. Il governo del Mandato rifiutò di seguire tali raccomandazioni per non peggiorare ulteriormente la situazione nell’area: il sostegno alla causa sionista si stava lentamente spostando oltreoceano, in direzione americana.
Una nuova conferenza di Londra si riunì a cavallo tra il 1946 e il 1947, alla quale però parteciparono solo gli stati appartenenti alla Lega Araba, mentre entrambi i popoli protagonisti rifiutarono di presentarsi. Così, alla proposta araba di uno stato indipendente palestinese— all’interno del quale si salvaguardassero, da una parte, i diritti degli ebrei, con misure quali la garanzia di un numero minimo di rappresentanti in Parlamento, si moderassero dall’altra i flussi migratori ed i trasferimenti di terre—, il Congresso Sionista rispose da Basilea, mantenendosi fermo sulle proprie posizioni intransigenti. Entrambe le parti avevano ormai compreso come il Mandato britannico non potesse in alcun modo rispondere alle rispettive esigenze, e rifiutavano ogni dialogo. Fu a questo punto che il Regno Unito dichiarò all’ONU, appena costituita, che si sarebbe ritirato dalla Palestina.
L’ONU costituì subito un Comitato (UNSCOP) che chiese la spartizione della Palestina.
La Risoluzione 181. La sostituzione della “cabina di pilotaggio” risultò nettamente favorevole alla parte ebraica. Il risultato del passaggioalle Nazioni Unite del difficile incarico di stabilire quale dovesse essere il destino della terra contesa tra i due popoli, arabo ed ebraico, fu una risoluzione, emanata il 29 novembre del 1947 che, tenendo conto delle percentuali demografiche nell’area, si mostrava decisamente sbilanciata a favore dei sionisti. Essi infatti si vedevano assegnare il 56% del territorio palestinese allo scopo di creare uno stato ebraico; il restante 44% rimaneva a disposizione degli arabi per la creazione del loro stato indipendente. Una piccola parte veniva dichiarata “zona internazionale” e consisteva in una serie di enclave, tra cui la città di Gerusalemme. I palestinesi, chiamati a discutere su tale decisione, si trovarono costretti a ritirarsi, vista l’impossibilità di raggiungere un accordo sulla base delle loro esigenze, e, com’è ovvio, rifiutarono la Risoluzione 181.
Il risultato che si ottenne fu allora quello di una polveriera. All’interno di quel 56% che veniva affidato allo stato sionista, i dati parlavano tutt’altro che a favore di un pieno dominio ebraico: ben il 45% della popolazione all’interno dei confini di quello stato era formata da arabi, e l’80% delle terre erano inmano a famiglie arabe. Per i palestinesi, si trattava dell’usurpazione ingiustificata di una porzione del territorio che abitavano da tempo immemorabile, una porzione che superava la metà della superficie palestinese e che, oltretutto, ospitava al suo interno più di 400.000 arabi. Per i sionisti, si trattava di una minaccia costante alla realizzazione dei loro piani, che prevedevano uno stato a maggioranza ebraica. In aggiunta a questo, non bisognava dimenticare la costante minaccia di rappresaglie da parte araba, in reazione all’occupazione ebraica di un territorio che di ebraico aveva ben poco.
Gli ebrei, pienamente favoriti a livello internazionale da concessioni dalla dubbia legittimità, sentivano che la soddisfazione delle loro ambizioni era ancora in pericolo; inoltre, dovevano affrontare il problema più importante: non erano abbastanza. I sionisti, infatti, fin dal 1897, volevano essere da soli nel “loro” paese….
(Da "Nakba, la tragedia del 1948", edizioni Al Hikma, pag.40-43)

sabato 27 novembre 2010

La classe non è acqua

HANNO PICCHIATO ANCHE OGGI di Giandomenico De Cesare


Hanno picchiato anche oggi. Che potevamo fare. Dovevamo obbedire. Faccio parte della Polizia di Stato. Si, anch’io ho una figlia all’università che protestava. Mi sono messo in malattia. Non c’ero. Ho protestato anch’io.
Hanno picchiato anche oggi. Ma non dovevamo fare male. Fare finta, come nei film. Caricare e adagiare il manganello. Sei feriti. “Per Bacco!!!”.
Anche mio figlio c’era oggi e non potevo chiedere malattia. Che orrore, mi ha visto. Il kefiah !!! Noi, in famiglia, siamo comunisti. Io ho sempre adorato il corpo di Polizia. Gli ho mandato messaggi per spostarsi, per evitargli il casino.
Sono rimasto fermo. Il mio superiore lo sa. Ho visto ragazzi che ci credono. Ho visto ragazzi che lo fanno solo per moda. Ho visto altri ragazzi che sperano davvero che il 14 dicembre, Berlusconi si dimetta. Ma si sa, si faranno operazioni al naso, lifting, mal di pancia, diarrea, mal di testa, vomito, febbre, cause di divorzio.
Tanto non cade.
Hanno picchiato anche oggi. Luigi, col tamburo della banda musicale, Maria Luisa col flauto. Gli hanno picchiati perché davano fastidio. Il regime dice che si deve stare in silenzio. Però col mio collega gli avevamo appena regalato sorrisi. Erano pacifici, e che cazzo!!! Fischio d’attacco. Ordine superiore. “Attaccooo!!!” Non era Mazinga Zeta, eravamo noi. Il flauto di Maria Luisa è volato, il labbro insanguinato. Il tamburo di Luigi, bucato. Ma che fastidio dava. Dava fastidio al regime. Ai suoi ultimi giorni di Pompei. Pompei, Gela, Napoli, ma quante città stanno nella merda quotidiana? Pensava Marco mentre manganellava. Ci tolgono soldi, e noi manganelliamo. C’inchiniamo allo stato, perché poi, perdiamo il posto. E c’è crisi. E poi non rientro più nel corpo di Polizia.
Che faccio?
Sarebbe bello rimettere in funzione la gelateria di mia madre. Torno a Castrovillari e ogni giorno vado a trovare mio padre al cimitero.
Hanno picchiato anche oggi. Mentre il governa era battuto sugli emendamenti e c'era un caos tale che persino il ministro della Pubblica Istruzione votava contro la sua riforma. Che ridere. Non lo diranno al Tg1, lo diranno al tg3. Il 13 dicembre qualcuno spera in una cena avvelenata e alcuni deputati saranno in missione. Alcuni si sposeranno. Ad altri morirà il cugino di terzo grado, non potrà mancare all'evento funebre. Deve scegliere, quello dalla quale si guadagna di meno. No?
I tuoi occhi con chi saranno il 13? A chi penseranno il 13?
Intanto una nuvola ha coperto il sole. Ho scoperto un paese dove fanno cento gusti di gelato diversi. Forse vedrò il mare da sud a nord. Hai un cannocchiale? :)

venerdì 26 novembre 2010

La democrazia del manganello


Manganellate agli studenti a Roma, Firenze, Bologna, Milano. Manganellate agli aquilani, manganellate ai resistenti di Terzigno. Evidentemente il capo della polizia, che di cognome fa Manganelli, vuole autocelebrarsi o vuole essere sicuro di essere ricordato nel migliore dei modi. Spesso ci viene ricordato dai media controllati dal capo del governo che viviamo in democrazia. Certo, la costituzione dice questo, ma ne siamo proprio sicuri? Oscar Wilde diceva che "Democrazià significa semplicemente colpi di randello dalla gente per la gente"; alla luce di quanto avviene oggi in Italia probabilmente non aveva tutti i torti. L'articolo 21 della costituzione italiana invece dice "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure." Evidentemente il sig.Manganelli non ha studiato abbastanza.
È la democrazia di chi ha vinto e ora non vorrebbe più perdere, la democrazia di chi parla di "nemico" e non di avversario politico, la democrazia di chi controlla il 70% dei media nazionali, la democrazia del secondogenito di Dio

giovedì 25 novembre 2010

NI PUTES NI SOUMISES, in gonna e non sottomesse



Ni putes ni soumises (in italiano Né puttane né sottomesse) è un movimento sorto nel 2003 a difesa delle ragazze delle banlieue francesi che ha sedi proprio nei luoghi più vicini a questi quartieri. È un movimento femminile popolare nato per contrastare il degrado costante ed inammissibile subito dalle ragazze, secondo i valori di laicità e uguaglianza[1]. Una fondatrice è Sihem Habchi[2]. Dal 2006 è rappresentato anche in Belgio[3].

Il movimento è scaturito da una manifestazione ideata da una decina di donne che, nel febbraio 2003, decisero di attraversare la Francia indossando una maglietta con la scritta «ni putes ni soumises», al fine di richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica sull'efferato omicidio di Sohane Benziane, una diciassettenne di origine magrebina che in seguito a un diverbio con il fidanzato era stata da questi bruciata viva, nell'androne di un palazzo a Vitry-sur-Seine, il 4 ottobre 2002. La protesta ebbe un grande seguito e, dopo dopo un mese di marcia attraverso 23 città della Francia, terminò a Parigi con la sfilata di oltre diecimila partecipanti

In occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne Ni Putes ni Soumis ha lanciato una forte iniziativa. Per denunciare le violenze contro le donne, le francesi indosseranno la gonna. A sbuffo, a pieghe, mini o lunga, ogni gonna va bene pur di appoggiare "quante di noi subiscono il solo fatto di essere nate donne", si legge in un comunicato del noto movimento presieduto da Sihem Habchi. E' il diritto alla femminilità che Ni putes ni soumises vuole promuovere, ricordando che la Francia è teatro di intolleranze proprio come certi Paesi di Africa o Asia. Fatti di cronaca recente lo testimoniano. E' il caso di Marine, 15 anni, picchiata lo scorso ottobre ad Avignone, nel sud, perché aveva osato reagire ai giudizi maschilisti sul suo abito, giudicato "troppo" sexy. A Gap, nell'aprile del 2010, il direttore di una scuola media aveva persino deciso di vietare la gonna in classe pur di evitare problemi. A denunciare la situazione che vivono molto ragazzine nelle banlieue delle grandi città, era stato un film del 2009 "La journee de la jupe" (la giornata della gonna) in cui Isabelle Adjani vestiva i panni di un'insegnante di periferia che prende in ostaggio i suoi studenti maschilisti e chiede in cambio l'instaurazione di una giornata nazionale della gonna.

NI PUTES NI SOUMISES

mercoledì 24 novembre 2010

In Messico denaro pubblico per guarire la malattia del secolo: l'omosessualità


Il congresso dello stato di Jalisco, in Messico, guidato dai conservatori, è stato accusato di aver utilizzato fondi statali per un seminario destinato alla ‘cura’ degli omosessuali.

Il governo dello stato di Jalisco, zona occidentale del Messico, guidato dal Partito azione nazionale (Pan), conservatore, è stato accusato dagli oppositori di aver utilizzato fondi pubblici per un seminario denominato ‘Cammino alla castità, durante il quale sono state indicate a famiglie cattoliche le terapie per ‘curare’ i figli omosessuali. Lo ha reso noto oggi El Universal, precisando che l’opposizione ha approvato una mozione per denunciare penalmente il vice governatore Fernando Guzman.

DIROTTAMENTO DI FONDI PUBBLICI - Il seminario si è svolto a Guadalajara dal 12 al 14 novembre scorsi e l’oratore principale è stato il terapeuta americano Richard Cohen, autore del libro ‘Comprendere e capire l’omosessualita’. El Universal, che rivela i dettagli dei tre giorni di lavori, sottolinea inoltre che secondo Raul Vargas, deputato del Partito della rivoluzione democratica (Prd) di sinistra, anche il governatore Emilio Gonzalez, che tre settimane fa ha assicurato di provare ’schifo’ per i matrimoni tra gay, è stato d’accordo con l’iniziativa. Il presunto utilizzo di fondi pubblici ha generato un nuovo scandalo per il governo di Emilio Gonzalez Marquez. In risposta, il Congresso locale ha autorizzato a presentare una denuncia penale contro Fernando Guzmán Pérez Peláez, Segretario di Stato del governo, per il dirottamento di soldi verso un atto religioso.

NON SI NASCE GAY - Il terapeuta Richard Cohen si è rivolto al pubblico, composto da genitori di grande fervore religioso, cercando di guarire l’omosessualità dei propri figli, e ha assicurato loro che la cura è possibile. ”Non ci sono prove genetiche del fatto che si nasca gay, per cui questa condizione è totalmente reversibile. Per te mamma e papà, se ti aiuto, se si crea la rete di supporto necessario, tu sei l’amore di Dio e il rinnovamento e troverai una grande speranza di guarigione per tuo figlio“.

PURIFICATEVI O ANDRETE ALL’INFERNO - El Universal, che ha seguito i tre giorni del seminario, racconta: loro, gli omosessuali, si spostano in fila indiana e nella segretezza assoluta, fino a una grande croce e con le loro peggiori perversioni sessuali precedentemente scritte su una carta gialla. Poi è la volta delle lesbiche. “L’idea è che Gesù ha sofferto e che il suo sangue redimerà i loro peccati e le perversioni che hanno segnalato“, ha detto un sacerdote, mentre attraversava la stanza, guardando con pietà negli occhi di ognuno dei presenti, quasi tutti considerate persone con qualche tipo di problema sessuale. L’obiettivo iniziale dei partecipanti al rito, circa 200 uomini per lo più giovani e i loro genitori è ammettere che c’è un Dio buono, che perdonerà, purché riconoscano la necessità di vivere in castità purificando il corpo. Un giovane di nome Pietro, siede alla destra del sacerdote speaker che con la sua mano sopra la testa del ragazzo gli fa sapere che vi è una cura per l’omosessualità. “Voi siete nel peccato, e se non curato, andrete con Satana all’inferno“. Pedro lo guarda con orrore, come un bambino perso nella foresta oscura. Nel corso della conferenza sulla strada alla castità, i genitori si dicono dispiaciuti per i loro peccati e per loro non c’è altra risposta che lunghe citazioni dalla Bibbia. Nel frattempo, ognuno dei presenti ricorda la frase che recita: “Signore Gesù, io consacro la mia sessualità a te, detergi e purifica la mia mente, i miei ricordi, la mia fantasia e i miei sogni. Concedimi il dono della castità, che il mio desiderio sessuale sia reso con la Via del tuo Spirito Santo per l’intercessione del mio angelo custode St. Charles Lwanga”. St. Charles Lwanga fu bruciato vivo per essersi rifiutato di partecipare ad atti omosessuali comune nella corte di Re Mwanga II.

di Teresa Scherillo

www.giornalettismo.com

“Senza ricerca non c’è futuro”


Questo lo slogan dei manifestanti che stanno assediando Montecitorio. Fra bandiere rosse e striscioni autoprodotti, le sigle sindacali e politiche che hanno intenzione di animare le università quest’autunno si sono date appuntamento sotto i palazzi del potere per protestare contro l’approvazione del ddl che porta la firma di Mariastella Gelmini, ministro del governo Berlusconi. Una nuova coscienza sembra essersi sviluppata tra i giovani che cominciano a rivendicare il loro sacrosanto diritto allo studio ed ad un futuro senza ombre. Non possiamo non associarci alla loro protesta, è il segnale che qualcosa in questo paese sta veramente cambiando. E stavolta in meglio!!!
Avanti così!!

Dopo il terremoto a L'Aquila mieterà vittime l'amianto, sarà anche questa una mistificazione?


Il Prof. Mario Di Gioacchino docente dell'Università di Chieti ne è certo, L'Aquila di qui a vent'anni sarà colpita dalla seconda piaga "regalataci" dal terremoto, i tumori dovuti all'inalazione di amianto.

L'Asbesto (o comunemente amianto) è 1300 volte più sottile di un capello umano. Non esiste una soglia di rischio al di sotto della quale la concentrazione di fibre di amianto nell'aria non sia pericolosa: teoricamente l'inalazione anche di una sola fibra può causare il mesotelioma ed altre patologie mortali, tuttavia un'esposizione prolungata nel tempo o ad elevate quantità aumenta esponenzialmente le probabilità di contrarle.

Le polveri di amianto, respirate, provocano infatti l'asbestosi, nonché tumori della pleura, ovvero il mesotelioma pleurico e dei bronchi, ed il carcinoma polmonare.

L'impiego dell'amianto è fuori legge in Italia dal 1992. La legge n. 257 del 1992, oltre a stabilire termini e procedure per la dismissione delle attività inerenti all'estrazione e la lavorazione dell'asbesto, è stata la prima ad occuparsi anche dei lavoratori esposti all'amianto.

Qui all'Aquila la situazione è grave, molto, moltissimo amianto è sparso per il centro storico ed in periferia, ogni giorno girovagando per le vie agibili del centro storico se ne può notare sui tetti dei palazzi del centro, nelle canale di scolo delle acque piovane e in molti altri manufatti.

La situazione è cristallizzata.

Tutto congelato al 6 aprile o quasi, smaltire l'amianto presente in un abitato urbano così ampio, variegato e, soprattutto, spossato dal sisma è difficile, forse impossibile.

Per ora si cerca di "non pensarci" o meglio non farlo sapere ai più.

Stabiliti i depositi di stoccaggio delle macerie sarebbe sconveniente allarmare la popolazione parlando dei rischi dell'amianto, di come dovrà essere conservato e poi smaltito.

Viviamo dentro un'immensa discarica di rifiuti speciali.

Senza rendercene conto il panorama cittadino è cambiato viviamo in un abitato urbano che prima era fatto di poche automobili, molto verde, poco smog, pochi cantieri edili e soprattutto quasi nessuna demolizione di palazzine.

Oggi è tutto al contrario, il traffico è impazzito, prima si arrivava in centro si parcheggiava e si facevano tutte o quasi le commissioni, ora si gira attorno al cratere in continuazone da un lato all'altro della città, forse è passato in secondo piano ma uno dei due polmoni verdi della città (San Giuliano) è del tutto bruciata e non bonificata, dove si volge lo sguardo c'è un cantiere che svolge lavori pesanti ed infine a breve inizieranno le demolizioni dei palazzi irrecuperabili in centro come in periferia.


Di questo pagheremo le conseguenze fra qualche anno, in modo "naturale".

Il Professor Di Gioacchino è chiaro, certo che non si deve parlare di prevenzione, ma di diagnosi precoce, i tumori si svilupperanno, non c'è dubbio, bisogna "semplicemente" cercare di diagnosticarli quanto prima.

Soluzioni? Oltre la diagnosi precoce possiamo però fare qualcosa?

Per iniziare si potrebbe smaltire l'amianto visibile, quello di cui già si conosce l'esistenza e l'ubicazione, si potrebbe chiedere ai proprietari degli stabili se ne sono a conoscenza. Invece non si fa nulla, ogni giorno si ripete la stessa scena di fronte ai mucchi di eternit buttati qua e la per la città, scena fatta di attori inconsapevoli che li davanti ci passano per andare a lavorare, a trovare un amico, a fare la spesa.

Per gli avidi.

Sia solo per una questione di denaro, è ovvio che in un posto dove la salute è così a rischio il valore delle case "crolla"....

Ogni giorno in questo modo all'Aquila si rischia la vita aldilà del sisma.


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lo sviluppo economico dipende dalla legalità


E' quanto afferma Tabellini, rettore dell'università Bocconi ed uno degli economisti italiani più apprezzati al mondo, all'apertura dell'anno accademico 2010-2011.

L'intervento del rettore, Guido Tabellini, all'inaugurazione dell'anno accademico 2010-2011 esalta il ruolo della cultura della legalità e del capitale sociale per lo sviluppo economico, la vera sfida dell'Italia di oggi

La sfida principale per l’Italia è lo sviluppo economico, il cui rallentamento è dovuto anche afattori culturali, a un’insufficiente diffusione di una cultura della legalità che ostacola il buon funzionamento delle istituzioni.L’azione di un’università come la Bocconi è importante, dal momento che “l’istruzione è lo strumento principaleper incidere in modo duraturo sugli atteggiamenti culturali”, ha affermato questa mattina il rettore della Bocconi, Guido Tabellini, in occasione dell’apertura dell’anno accademico 2010-2011.

In mezzo secolo si è passati da una crescita cumulata del 55% nel decennio 1960-1969 alla crescita addirittura negativa del decennio 2000-2009 (e anche senza la crisi del 2009 il risultato sarebbe stato una sostanziale stagnazione); la crescita della produttività del lavoro si è arrestata dagli anni ’90; dal 2002 l’Italia investe sostanzialmente meno degli altri paesi Ue; gli investimenti diretti dall’estero rimangono vicini ai minimi storici e l’Italia non solo attrae ben pochi talenti dall’estero, ma esporta più facilmente i propri (solo l’1,66% degli immigrati tedeschi negli Stati Uniti ha una laurea, mentre per gli italiani la quota è del 4,78%).

Tutto ciò riflette, più ancora che la mancanza di riforme economiche, “un problema più generale, di tipo culturale, e cioè la presenza di valori, atteggiamenti, credenze, che ostacolano il buon funzionamento di un’economia di mercato in uno stato di diritto e il buon funzionamento delle istituzioni pubbliche in una democrazia liberale”, come conferma “un numero crescente di ricerche economiche”.

“La tutela dei diritti di proprietà, l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, la protezione dall’abuso da parte dei governi spiegano la differenza tra i paesi ricchi e quelli poveri più di qualunque altra variabile economica, sociale o geografica”, ha affermato Tabellini. “I paesi dove le istituzioni tipiche di uno stato di diritto e in particolare la giustizia funzionano meglio tendono a specializzarsi in settori produttivi più sofisticati”.

E, invece, in Italia i tempi della giustizia civile sono quattro volte più lunghi che negli Stati Uniti, la percezione dell’efficacia dell’azione di governo è inferiore a quella di alcuni paesi africani e la fiducia nelle regole della società, con particolare riguardo al rispetto dei contratti e del diritto di proprietà, sono allineati con paesi che hanno raggiunto un livello di sviluppo economico ben inferiore al nostro.

Questi fattori contribuiscono a spiegare una specializzazione “in settori tecnologicamente poco avanzati e particolarmente esposti alla concorrenza dei paesi emergenti” e fenomeni di illegalità diffusa, con un’economia sommersa stimata intorno a un quarto del Pil, tre volte più di Svizzera o Stati Uniti.

La scarsità di capitale sociale, che si associa anche a una minore propensione al decentramento organizzativo all’interno delle strutture aziendali, è uno dei motivi della piccola dimensione delle nostre imprese: in un contesto culturale, sociale e istituzionale che scoraggia il decentramento di responsabilità e rende più difficili le relazioni industriali si stenta ad attuare il decentramento organizzativo che meglio si addice alle nuove tecnologie.

Dove il capitale sociale è più scarso, i cittadini tendono a non sanzionare la corruzione dei governanti e l’Italia, nelle classifiche di percezione della corruzione, langue al 67° posto al mondo.

L’Italia, ha sostenuto Tabellini, rischia di restare intrappolata in una situazione di “equilibrio inefficiente, cioè in una situazione in cui gli incentivi individuali e le aspettative circa i comportamenti altrui sono allineati e spingono i singoli ad agire in modo controproducente per la collettività. L’illegalità diffusa riduce l’efficacia della giustizia e la probabilità di essere sanzionati, aumentando la convenienza di condotte illecite; l’evasione fiscale è un cuscinetto che permette di mantenere situazioni di inefficienza ed eccessiva frammentazione della struttura produttiva, riducendo la competitività sui mercati aperti; la prevalenza della fedeltà rispetto al merito fa fuggire le persone di talento”.

Ma un cambiamento di rotta, che passi attraverso l’istruzione e la formazione di una nuova cultura della legalità, è possibile, e, anzi, vi sono esempi storici di queste trasformazioni sociali, a partire da quella vissuta dagli Stati Uniti nel secolo scorso, da paese corrottoad esempio di senso civico e rispetto per le istituzioni. Le università, specie quelle specializzate nelle scienze economiche e sociali, possono svolgere un ruolo cruciale a questo proposito, e porre le basi per un futuro migliore.

“La nostra università è da sempre impegnata su questi temi. Il nostro intento strategico è far sì che la Bocconi sia sempre di più in grado di offrire a tutti i meritevoli le migliori condizioni e gli stimoli più forti per lo sviluppo dei membri della propria comunità, indipendentemente dalle posizioni di partenza e dal reddito familiare. Il riconoscimento del merito e la valorizzazione delle capacità individuali sono un aspetto centrale per formare senso di appartenenza e di identificazione con la società in cui viviamo: possiamo condividere un senso di appartenenza solo nei confronti di una società giusta, che offre opportunità a tutti, e dove il merito è riconosciuto. Come università, siamo però attenti a evitare che la meritocrazia non sia così esasperata da degenerare in competizione eccessiva. La Bocconi si è dotata di un sistema di regole il più possibile eque, che sono fatte rispettare con imparzialità. Anche questo è un modo per diffondere il rispetto delle istituzioni, e per sviluppare senso di appartenenza a una comunità di cui si condividono i valori”.

Università Bocconi

martedì 23 novembre 2010

''Le primarie non sono un corpo contundente."


Spiacciono le parole di D'Alema, che fa torto al popolo del centrosinistra e alla storia delle primarie, che sono una cessione di sovranita' da parte delle nomenclature. La gente non ci sopporta quando ci presentiamo come generali. Se 15 anni di berlusconismo non ci fanno capire che dobbiamo affidarci a un processo democratico, se D'Alema pensa ad antiche e consuete alchimie di palazzo, ci consegneremo alla sconfitta. Io voglio vincere.

Nichi Vendola, TG LA7, 23 Nov 2010

Le scuole sommerse dalla munnezza. Pagano sempre i più piccoli


I bambini dei quartieri spagnoli per accedere ai loro istituti devono “nuotare” in un mare di rifiuti





Sull’eterna emergenza rifiuti a Napoli è già stato detto e visto tanto, sebbene forse non tutto. Importante in tal senso il contributo di Roberto Saviano, il quale nella trasmissione condotta da Fabio Fazio “Vieni via con me”, ci ha offerto nella puntata di lunedì scorso un’importante e interessante cronistoria sulla questione rifiuti nel napoletano e nel casertano. Ha posto in rilievo le responsabilità ugualmente distribuite tra politica locale, camorra, massoneria deviata…e Nord Italia.

UN FIUME DI MONNEZZA - Già, Nord Italia, quella fetta del Paese che ci fa lezioni quotidiane su come dovremmo gestire i rifiuti, guardandoci dall’alto (in senso geografico e metaforico) con disprezzo e sguardo basito. Le regioni settentrionali hanno portato infatti durante gli anni ’90, nelle tante discariche campane presenti sul territorio (quasi tutte illegali), i loro rifiuti tossici, utilizzando la Campania anche come crocevia per lo sbarco di tali rifiuti nei Paesi dell’Africa centrale. Inquinando e compromettendo così il mare, le campagne e le falde acquifere tra Napoli e Caserta. Questo post lo vorrei però dedicare alle tante anime innocenti che stanno pagando le scelte senza scrupoli degli adulti, lasciando loro un futuro incerto, forse compromesso. Tra i tanti edifici circondati e in taluni casi sommersi dai rifiuti, vi sono inevitabilmente anche le scuole. Bambini e adolescenti, per raggiungere gli istituti preposti alla loro educazione, devono attraversare fiumane di rifiuti come se attraversassero controcorrente dei fiumi in piena o dei mari in tempesta.

BAMBINI CHE NUOTANO NEI RIFIUTI - Eloquente è questa foto inviatami dalla madre di un alunno dell’XI Circolo Didattico “Istituto Comprensivo Scuola Media Statale Pasquale Scura – Giovanni Paisiello”, sito a Piazza Montecalvario nei Quartieri Spagnoli. Si possono notare i ragazzini immersi nei rifiuti come se stessero nuotando per raggiungere in modo impavido la propria scuola ed espletare un diritto che gli spetta: l’istruzione. Un diritto che in fondo è anche un’arma, che un domani potrebbe distinguerli da chi quella vergognosa montagna di rifiuti l’ha provocata. A Napoli, gli adolescenti di 15-16 anni – ovvero le classi nate dopo il ’94 – probabilmente non hanno mai visto una città priva di rifiuti in strada. Con la monnezza ci sono nati e cresciuti, accettandola forse come la normalità. E pensare che a pochi chilometri (se non metri) dalle loro abitazioni c’è il mare, o qualche monumento millenario di cui magari ignorano l’esistenza perché nessuno gliel’ha mai fatto notare. Perché Napoli oggi è annoverata solo per i rifiuti. Rifiuti che stanno seppellendo i bei paesaggi e i monumenti, un tempo motivo di vanto per la città partenopea. Lasciando allo scoperto il nervo più antipatico: la nostra umiliazione.
Aveva ragione Edoardo De Filippo, citato da Saviano lunedì scorso: a furia di sminuire i problemi, anche i più gravi, dicendo «cos e’nient», oggi davvero «simm diventat cos e’ nient». Infine, vi ricordate quello spot lanciato dal Governo più di due anni fa, che diceva all’Italia che il problema dei rifiuti a Napoli era stato risolto? C’era Elena Russo, attrice che come riportato dalle intercettazioni telefoniche era stata raccomandata nel 2007 da Berlusconi a Saccà, dirigente Rai. Bé oggi dovrebbero rimandare quello spot a ritroso. e ccolo, appannaggio di chi lo ha dimenticato

di Luca Scialo
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SOLIDARIETA' ALLA SOLIDARIETA'


Raccolta fondi per la ricostruzione della bottega del mondo “Il Sicomoro”, L’Aquila


scarica il progetto

Il 6 aprile 2009 un sisma ha colpito L’Aquila, capoluogo di regione dell’Abruzzo, e la sua provincia. Un’intera regione, direttamente e indirettamente, si è trovata a fare i conti con 60.000 esseri umani da aiutare, sostenere, abbracciare.
L' Associazione Il Sicomoro, storica realtà di Commercio Equo & Solidale (com.e.s.) della città dell’Aquila, ha subito danni ingenti, tanto che i locali che la ospitavano sono ormai semi-distrutti e quindi impraticabili, come del resto tutto il centro storico.
La Cooperativa Sociale “Il Mandorlo” (bottega del mondo di Pescara) e l’Associazione “Il Sicomoro” hanno avviato una raccolta fondi a sostegno della “ricostruzione” della bottega e di quel tessuto sociale ricco e complesso che in essa aveva un importante punto di riferimento.
La sinergia tra le due associazioni porterà avanti il progetto che prevede, nell’immediato, l’acquisto e l'istallazione di una struttura in legno di 200mq, nel rispetto dei principi della bioedilizia.
Tutto questo sarà possibile solo grazie alla solidarietà concreta del circuito nazionale del Commercio Equo e Solidale e delle altre realtà collegate.
Con questo progetto si vuole ricreare un punto di aggregazione e di riferimento per tutte quelle realtà aquilane che si occupano di economia solidale e che intendano “ricostruire” la propria città dal basso, proponendo collaborazioni a breve, medio e lungo termine, con il panorama sociale regionale, nazionale ed internazionale.
Si prevede che la struttura ospiterà:
•punto vendita del com.e.s.;
•punto vendita prodotti bio locali;
•equo bar;
•punto informazione alternativa (Carta,Altraeconomia,ecc..);
•punto informazione finanza etica, turismo responsabile, bio edilizia;
•foresteria/B&B, saletta dibattiti, internet point;
•spazio esterno per eventi.

CARATTERISTICHE TECNICHE E FUNZIONALI
L'edificio sarà realizzato con una struttura modulare in legno basata sull'innovativa tecnologia dei pannelli in legno massiccio a strati incrociati.
La scelta del legno quale sistema costruttivo, risponde all'esigenza di costruire in modo ecologico, sostenibile e con un alto grado di sicurezza rispetto ad eventi sismici.
Dal punto di vista della sostenibilità ambientale, infatti, il legno è un materiale naturale, rigenerabile (la massima crescita di un albero di conifera, pino, abete o larice, viene raggiunta in un periodo che è pari circa alla metà della vita media di un edificio) e disponibile. Attualmente ogni anno in Europa viene utilizzato solo il 60% dell'accrescimento annuo delle foreste autoctone.
Dal punto di vista del comportamento antisismico, gli edifici in legno, grazie alle ridotte masse utilizzate, alla duttilità della struttura e al lungo periodo proprio di oscillazione, si possono considerare intrinsecamente sicuri.
Per garantire la massima flessibilità funzionale degli spazi e la possibilità di smontare e delocalizzare l'edificio in caso di necessità future, la struttura sarà costituita dall'aggregazione di moduli prefabbricati di dimensioni atte al trasporto. Tale soluzione consentirà, da un lato, di dar vita a diverse possibili configurazioni finali e dall'altro di accorciare i tempi di costruzione, limitare la durata del cantiere e ridurre i costi complessivi dell'intervento.
Nel processo di progettazione partecipata che si intende avviare, particolare attenzione sarà dedicata all'uso di materiali ecologici a basso impatto, all'efficienza energetica e alla produzione di energia da fonti rinnovabili con l'installazione di un impianto fotovoltaico e di un impianto solare termico.
La superficie utile complessiva, di circa 200 mq, sarà dislocata prevalentemente su un piano. Le aree esterne saranno sistemate in modo da poter accogliere attività varie soprattutto durante i mesi estivi.
Si prevede che l'edificio possa essere realizzato in circa 3 mesi di lavorazione su un terreno da individuare.

PRINCIPALI VOCI DI SPESA
Acquisto eventuale del terreno € 10.000
scavi e fondazioni € 10.000
struttura in legno e finiture € 90.000
Energie rinnovabili ed impiantistica € 45.000
sistemazioni esterne € 5.000
TOTALE € 160.000

Le immagini della nuova bottega saranno inviate a tutti coloro che avranno contribuito a far rinascere “Il Sicomoro” facendo una donazione in denaro utilizzando i
seguenti c/c :

Intestazione : Associazione Il Sicomoro
Codice Iban Banca Popolare Etica: IT 26 O 05018 12100 000000125716
Causale : Ricostruzione Sicomoro
_________________
Intestazione: Cooperativa sociale Il Mandorlo
Codice iban Banco Posta : IT 06 D 07601 15400 000017673658
Causale: Ricostruzione Sicomoro

Per seguire il progetto di ricostruzione visitate il nuovo sito della bottega, dove sono state anche raccolte numerose testimonianze delle persone dell'associazione in merito agli eventi del post terremoto:www.nuovabottega.org

L’Aquila, le C.A.S.E. di Berlusconi cadono a pezzi


Nelle abitazioni vendute dal governo come l’emblema di una miracolosa ricostruzione-lampo i disagi continuano.

Ne avevamo parlato poco tempo fa: le case costruite a L’Aquila per i terremotati, che il governo aveva sbandierato ai quattro venti come l’emblema di una ricostruzione-lampo e dell’efficienza di esecutivo e Protezione Civile nel fronteggiare l’emergenza dopo il sisma del 6 aprile 2009 che causò la morte di oltre 300 persone – scrivevamo il 25 ottobre - perdono pezzi.

IL CROLLO – E’ il caso di ripetere lo stesso oggi: dal sito 6 aprile, che aveva già segnalato i problemi relativi alla scarsa areazione della casa, alle infiltrazioni di acquea, agli impianti di scarsa qualità e alla difficoltà che si ricontrano nei lavori di manutenzione degli alloggi, arriva una nuova denuncia. Un corposo pezzo di cartongesso si è staccato da una delle piastre delle C.A.S.E. antisismiche costate ben 2700 euro a metro quadrato. Ad accorgersi dell’accaduto sarebbe stata un’inquilina del complesso, che, recandosi in garage, si è ritrovata davanti un componente edilizio di 2 metri e circa 70 kg di peso a causa delle recenti piogge, ma molto probabilmente anche perchè privo di un adeguato sostegno, staccatosi dal soffitto e crollato al suolo.

ARRIVANO I POMPIERI – “Dal sopralluogo effettuato dai Vigili del Fuoco – ha spiegato l’inquilina delle abitazioni del Progetto C.A.S.E – si evince che le travi di copertura come quella crollata, del peso di 70 Kg circa, sono impregnate d’acqua e si reggono solo grazie alle staffe di ferro, che nella trave in questione non erano state affatto applicate. Le famiglie della zona hanno deciso che appena sarà pronto il verbale dei Vigili del Fuoco, sul quale è specificato che la situazione è da considerarsi rischiosa per persone e cose, procederanno alla denuncia alle autorità competenti“. “Più persone – ha concluso la signora – hanno tentato di contattare il numero verde dell’azienda addetta alla manutenzione, ma dopo aver ascoltato per diversi minuti un disco registrato, l’operatore che ha risposto ha chiaramente detto che l’indirizzo a lui comunicato (via, quartiere e numero civico) non era sufficiente per individuare il luogo esatto a cui inviare gli operai che, di fatto, non sono arrivati anche perchè, la domenica è un giorno festivo e loro non sono tenuti ad intervenire“.

di Donato De Sena
www.giornalettismo.com

Alessandra Mussolini, tutto ciò che una donna non dovrebbe essere


Eccovi una serie di dichiarazione della nostra onorevole, una che ha fatto della volgarità il suo stile di vita e che è la negazione dell'essere donna:
"Maometto era un pedofilo".
"Avremo la bava alla bocca".
"Silvio è ossessionato da me: non gliela dò".
"Silvio vede le donne solo orizzontali".
"Mio nonno aveva un disegno, una strategia. Doveva ottenere il consenso. Non fu voltagabbana."
"Feltri è molto in gamba. Ha l'oro nelle mani. Ha intuizioni valide."
"Io amo Berlusconi. E lo dico anche: Berlusconi mi piace. È uno che ti saluta, ti ascolta, sente quello che hai da dire. Crea una squadra."
"Meglio fascista che frocio."
"E' di peso solo per i bijoux" sulla Santanchè
“L’unico uccello a cui sparerei è quello di Italo Bocchino”
Alla luce delle dichiarazioni di cui sopra, il mio pensiero è rivolto ai suoi figli, è dura uscire di casa sapendo di avere una madrre simile