giovedì 14 giugno 2007

Fincantieri - una battaglia di sinistra

Fincantieri, l'assalto all'ultimo gioiello pubblico
Contro la quotazione in borsa e un piano industriale inadeguato, venerdì 15 sciopero e manifestazione nazionale a Roma. Indice la Fiom Cgil
Francesco Piccioni
Perché privatizzare una società leader globale nel suo settore e con i bilanci in attivo? Perché discutere separatamente, contro ogni consuetudine e logica, di piano industriale e collocamento in borsa? Perché, soprattutto, quotare in borsa una società strutturalmente a redditività molto inferiore ai tassi di interesse?Domande che la Fiom Cgil pone e che investono la scelta del governo su Fincantieri, che rappresenta il 43% del settore delle navi da crociera, oltre le commesse militari. Domande che hanno trovato rispondenza eccezionale tra i lavoratori del gruppo: più del 70% di loro ha firmato l'appello a Romano Prodi intitolato «Costruiamo belle navi, lasciateci continuare». Ma non è ancora finita. Firmano tutti: operai, impiegati, tecnici, quadri, ingegneri. Manca solo il cda. Ben oltre la quota di iscritti alla Fiom. E venerdì mattina, al termine dello sciopero generale di 8 ore, con manifestazione nazionale a Roma (da piazza Esedra a Santi Apostoli, alle 9,30) consegneranno l'appello e le firme al governo.Fim e Uilm hanno una posizione diversa. Ma sembra proprio che la stragrande maggioranza dei dipendenti abbia le idee chiare. Non credono affatto che sarà sufficiente - in caso di quotazione in borsa - che il Tesoro mantenga il 51%, perché tutti sanno che il mercato non ama le società «non contendibili» («è già stato fatto, all'inizio, con Alitalia; e sappiamo com'è finita», spiega il segretario generale Gianni Rinaldini). Né vengono confortati dall'interessamento delle banche («che non vanno a investire in qualcosa che rende meno; nessuna banca si comporta in questo modo»); anzi, sembra una conferma che, più delle navi, interessi il patrimonio immobiliare (i cantieri navali coprono aree molto vaste, ovviamente in luoghi-chiave della costa: Sestri Levante, Castellammare, Monfalcone).Il piano industriale prevede investimenti importanti (oltre 500 milioni) e proprio per trovare queste risorse, si dice, bisogna quotarsi in borsa. Ma nel piano non c'è traccia di ciò che servirebbe al rilancio: investimenti per bacini più grandi, visto che la tendenza è verso navi formato gigante. Il settore, a livello internazionale, ha triplicato la produzione in soli 5 anni (dai 20 milioni di tonnellate nel 2001 ai 58 del 2006): l'azienda dominante dovrebbe saperlo bene. Al contrario, il progetto di acquisizione di una cantiere «low cost» (in Ucraina, forse) implica un farsi concorrenza da soli, ossia delocalizzare; visto che al di fuori della fascia hi tech è impossibile battere la concorrenza asiatica («le navi, in fondo, si fanno ancora a mano»).C'è infine il fattore «sociale». La cantieristica presenta un altissimo indice come «moltiplicatore economico»: muove infatti più lavoro e più «filiere» di qualsiasi altro. Non a caso i comuni interessati, e soprattutto la Regione Liguria, hanno bocciato all'unanimità sia il «piano industriale» che il progetto di quotazione. Evidente che non c'entra nulla l'«ideologia conservatrice» della Fiom. Che un sassolino però se lo toglie: «di innovatori come Finmek - con Fulchir finito in galera, ndr - facciamo volentieri a meno»

Speriamo che questo governo cosiddetto di centrosinistra riesca nell'impresa di fare qualcosa "di sinistra"

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