martedì 30 novembre 2010

L'Aquila a Vieni via con me.....? Come la cipolla nel minestrone



quanto basta per insaporire, ma che poi sparisca in mezzo a tutto il resto.....diranno tutti che il minestrone è buono....sì.....

Sono sicura di non essere stata fraintesa, ma specifico...
La trasmissione mi piace moltissimo....e non mi aspettavo una puntata su L'Aquila, ma un filo conduttore sì...e che al momento di parlare della città, si parlasse delle infiltrazioni mafiose, delle nomine criminali, delle indagini sugli isolatori sismici, del costo delle C.A.S.E., del sistema delle ordinanze, della disoccupazione, delle cifre sbandierate e di quelle effettive, delle tasse............insomma....di quello che ci impedisce di ripartire....cos'è che gli aquilani vanno urlando...per cosa manifestano, cosa chiedono...ecco.
Non mi è piaciuto che si battesse il chiodo ancora una volta sulla Casa dello Studente...e non perchè non lo meriti, ma perchè da lì si è partiti....avrei voluto che si mostrasse a che punto siamo....
E aggiungo....6.3, non 5.8...e 309 vittime, non 308. E' importante.

Federica volpe

IO DICO NO - 30 novembre: Giornata Mondiale contro la pena di morte



Oggi si celebra l’ottava Giornata mondiale contro la pena di morte, quest’anno dedicata alla pena capitale negli Stati Uniti, dove dall’inizio dell’anno sono stati condannati 41 prigionieri e altri 3200 aspettano, nel braccio della morte, che la sentenza venga eseguita.

In tutto il mondo Amnesty International, insieme ad altre associazioni non governative, propone una serie di iniziative perché si arrivi al più presto ad una moratoria internazionale che porti all’abolizione della pena di morte.


Mappa della legislazione sulla pena di morte di tutti i Paesi
Negli ultimi dieci anni il trend è stato positivo, con una diminuzione dei paesi mantenitori che nel 2007 erano 49. Nel 2009 il primato delle condanne capitali eseguite spetta nell’ordine a Cina – intorno alle 5000 esecuzioni – Iran e Iraq, Paesi che permettono all’Asia di essere il continente in cui si concentra la quasi totalità delle condanne.

Per quanto riguarda l’Africa, i 50 Paesi che nel 2009 hanno partecipato alla conferenza sulla pena di morte organizzata dalla Commissione africana per i diritti umani e dei popoli, hanno fatto unanime richiesta a tutti gli stati africani di abolire la pena di morte e di adottare un protocollo alla Carta Africana sui Diritti Umani e dei Popoli sull’abolizione della pena capitale in Africa.

L’unica eccezione in Europa è rappresentata dalla Bielorussia, sollecitata dall’Osce ad adottare quanto prima una moratoria sulle esecuzioni. Il Kazakistan e la Lettonia sono stati invitati a modificare la propria legislazione che prevede ancora la pena di morte per certi reati.

La situazione delle Americhe subisce il peso degli Usa, dove la pena di morte è ampiamente diffusa e dove nel 2009 sono state giustiziate 54 persone.


I METODI - Nel corso della storia sono stati diversi i metodi utilizzati per eseguire la sentenza di morte: dalla ghigliottina alla garrota, fino ad arrivare alle modalità tutt’ora previste da molti Stati.


Sedia elettrica
Negli Usa, 10 stati prevedono l’uso della sedia elettrica, su cui da anni si dibatte sia a causa del lungo periodo di tempo – tra i 10 ed i 15 minuti – necessario affinché il condannato muoia, manche per la risposta molto violenta e incontrollata del corpo all’alto voltaggio somministrato. Usata “solo” 31 volte, di cui l’ultima nel 1999, la camera a gas, sfrutta l’asfissia indotta dal gas cianuro e che conduce alla perdita di conoscenza a cui segue la morte. Tre stati lo Utah, l’Oklahoma e l’Idaho prevedono la fucilazione, eseguita da cinque uomini a schiera. Il metodo più usato è comunque l’iniezione letale, introdotta in Texas nel 1977 e da allora usata in quasi i tre quarti delle esecuzioni, anche perché è il metodo riconosciuto sia dal governo federale che dalle forze armate.

A questi metodi si aggiunge la decapitazione, ancora diffusa in Arabia Saudita, l’impiccagione diffusa in Medio Oriente, ma per lungo tempo praticata anche negli Stati Uniti, insieme alla lapidazione: il condannato viene interrato – se si tratta di una donna fino alle ascelle, altrimenti fino alla vita – e i funzionari incaricati di eseguire la sentenza, ma anche semplici cittadini iniziano la lapidazione scagliando pietre, di dimensioni non troppo grandi, sul condannato fino al sopraggiungere di una morte dolorosissima.

IL DIBATTITO SUI METODI – Oltre al dibattito etico e morale sulla pena di morte, sono molte le polemiche sulle modalità di esecuzione delle sentenze, come nel caso dello studio condotto nel 2005 da alcuni ricercatori dell’Università di Miami che per primi sostennero la crudeltà dell’iniezione letale.

Negli ultimi tempi alla questione etica si è aggiunto il problema della scarsa reperibilità del Pentotal (sodio tiopentale), il barbiturico previsto da tutti i protocolli di iniezione letale negli Stati Uniti e che sembra scarseggiare in molti Stati che invece avrebbero già in programma diverse condanne a morte. Il motivo reale di questa penuria non è individuabile, ma la Haspira – gigante farmaceutico internazionale – ha dichiarato che «la ditta produce questo farmaco per migliorare o salvare una vita umana e che il suo uso va limitato esclusivamente alle indicazioni scritte sull’etichetta del farmaco, il quale non è indicato per la pena capitale». Diverse le conclusioni che è possibile trarre.

Anche la lapidazione è tra i metodi più contestati, e di certo più crudeli e bestiali, soprattutto perché divenuto un simbolo politico della lotta al Medio Oriente barbaro che per molti è conveniente mostrare.

Il punto fondamentale su cui si concentrano le polemiche è il tempo necessario a morire ed il dolore provocato al condannato. Verrebbe da pensare che forse la decapitazione rappresenta la soluzione più “civile”.

IL DIBATTITO SUI CONDANNATI – La certezza assoluta della colpevolezza si verifica in una percentuale bassissima di casi. Il National Institute of Mental Health ha denunciato che circa il 10% di tutti i detenuti nel braccio della morte statunitense è affetto da malattie mentali e in molti Paesi si è condannati per reati di fatto non oggettivamente definibili. La condanna a morte di una donna desta sempre più scalpore e più sdegno rispetto alla condanna di un uomo; in molti casi il colore della pelle è stato determinante per l’emissione della sentenza di morte. Il dibattito su tutti questi temi sarebbe inesauribile e porterebbe ad attingere ad una serie di argomenti strettamente correlati tra loro.

IL DIBATTITO ETICO - Per i convinti sostenitori della pena di morte, questa è la giusta punizione per chi si macchia di crimini gravi. Per chi lotta per l’abolizione sembra più una vendetta a freddo. In effetti non esistono prove che supportino l’effetto deterrente della pena capitale, servirebbe piuttosto un sistema di prevenzione del crimine. Da non dimenticare che anche i condannati hanno famiglia e amici, persone che sentono il peso della condanna e ne pagano le conseguenze.

Resta il fatto che la condanna a morte non può che essere vista come una violazione dei diritti umani. La strada per la totale abolizione della pena capitale sembra ancora lunga, ma la situazione si sta lentamente sbloccando, muovendosi verso posizioni abolizioniste.

Dopo l’affaire Sakineh-Teresa Lewis sembra sempre più urgente uniformarsi a regole condivise che arginino il più possibile la totale discrezionalità di ogni Stato in materia di punizione del crimine con la pena di morte

di Francesca Penza
http://www.wakeupnews.eu/

lunedì 29 novembre 2010

LIBRI: Maria Luisa Busi - Brutte Notizie


C'è quella da cartolina, dove si mangia bene e i problemi non esistono o, alla peggio, si risolvono da soli.
E c'è poi un'altra Italia fatta di povertà emergenti o consolidate, di disoccupazione e precariato, di mercificazione delle donne, di conflitti d'interesse, di uso politico dei media.
In un paese normale, un giornalista del servizio pubblico dovrebbe avere il diritto (e il dovere) di raccontare tutto questo.

Se un lavoratore muore


lettera aperta di un metalmeccanico

Se un lavoratore muore, Il Ministero del Lavoro spende ben 9 milioni di euro, per fare una campagna per la sicurezza, dal titolo "Sicurezza sul lavoro.La pretende chi si vuole bene" Se un lavoratore muore, ai familiari viene data una rendita da fame o peggio solo un assegno di rimborso spese funerarie. Se un lavoratore muore, Il Ministro Tremonti dice che "robe come la 626 sono un lusso che non possiamo permetterci". Se un lavoratore muore, Il Governo Berlusconi varà il Dlgs 106/09, che stravolge il Testo Unico per la sicurezza sul lavoro voluto dal Governo Prodi (Dlgs 81/08). Se un lavoratore muore, i mezzi d'informazione ne parlano raramente. Se un lavoratore muore, i sindacati confederali proclamano uno sciopero generale di un ora. Se un lavoratore muore, non si aumentano gli ispettori Asl. Se un lavoratore muore, L'Inail dice che le morti sul lavoro sono in calo. Se un lavoratore muore, lo Stato utilizza il "tesoretto" derivante dagli avanti di bilancio Inail, che a ammonta a circa 15 miliardi di euro , per ripianare i debiti, quando questi soldi dovrebbero essere utilizzati per aumentare le rendite da fame agli invalidi e ai familiari delle vittime del lavoro. Se un lavoratore muore, ci dicono che oltre il 50% degli infortuni mortali avviene su strada e non nei luoghi di lavoro. Se un lavoratore muore, è normale, doveva succedere, infatti quasi nessuno s'indigna più. Se un lavoratore muore, non si insegna la sicurezza sul lavoro a partire dalle scuole elementari. Se un lavoratore muore, il datore di lavoro viene condannato, molto spesso, a pene irrisorie. Se un lavoratore muore, è perchè la sicurezza sul lavoro è un costo insopportabile per le aziende. Se un lavoratore muore, si fanno "lacrime di coccodrillo", invece ci vorrebbero i fatti per fermare questo stillicidio quotidiano nei luoghi di lavoro.

Marco Bazzoni-Operaio metalmeccanico e Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza-Firenze

29 novembre: Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese


Ogni 29 novembre in tutto il mondo si celebra la Giornata delle Nazioni Unite per la solidarietà con il popolo palestinese, a ricordo della risoluzione 181, emanata il 29 novembre del 1947 dall'Onu, che sancì la spartizione della Palestina storica, ponendo le basi per la creazione dello Stato israeliano e per la Nakba, la tragedia e pulizia etnica della popolazione palestinese ad opera degli squadroni del terrorismo sionista prima, e delle forze militari israeliane dopo.

Nel 1977, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite istituì per il 29 novembre la Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese (risoluzione 32/40 B).

Nella risoluzione 60/37 del 1° dicembre 2005, l'Assemblea generale chiese al Comitato per l'Esercizio degli inalienabili diritti del popolo palestinese e alla Divisione per i diritti palestinesi, in quanto parti per l'osservanza della Giornata internazionale di solidarietà con il popolo palestinese, stabilita il 29 novembre, di continuare a organizzare celebrazioni ed eventi annuali sui diritti palestinesi, in collaborazione con la "Permanent Observer Mission of Palestine" dell'Onu.

La spartizione della Palestina: cenni storici.
La Gran Bretagna si ritira. Subentrano ONU e Usa. Un Comitato anglo-americano, riunito nel 1946 per esaminare la situazione che si era così venuta a creare, rilevò come gli ebrei avessero fondato una serie di strutture socio-economiche, oltre che militari, che rendevano loro inaccettabile una tale restrizione dei diritti economici e politici quale si era avuta col White Paper e le Land Transfer Regulations. Si raccomandava quindi di abolire queste ultime, e di rilasciare 100.000 nuovi permessi per l’arrivo in Palestina di rifugiati dai paesi europei dove era in atto il Genocidio degli ebrei. Il governo del Mandato rifiutò di seguire tali raccomandazioni per non peggiorare ulteriormente la situazione nell’area: il sostegno alla causa sionista si stava lentamente spostando oltreoceano, in direzione americana.
Una nuova conferenza di Londra si riunì a cavallo tra il 1946 e il 1947, alla quale però parteciparono solo gli stati appartenenti alla Lega Araba, mentre entrambi i popoli protagonisti rifiutarono di presentarsi. Così, alla proposta araba di uno stato indipendente palestinese— all’interno del quale si salvaguardassero, da una parte, i diritti degli ebrei, con misure quali la garanzia di un numero minimo di rappresentanti in Parlamento, si moderassero dall’altra i flussi migratori ed i trasferimenti di terre—, il Congresso Sionista rispose da Basilea, mantenendosi fermo sulle proprie posizioni intransigenti. Entrambe le parti avevano ormai compreso come il Mandato britannico non potesse in alcun modo rispondere alle rispettive esigenze, e rifiutavano ogni dialogo. Fu a questo punto che il Regno Unito dichiarò all’ONU, appena costituita, che si sarebbe ritirato dalla Palestina.
L’ONU costituì subito un Comitato (UNSCOP) che chiese la spartizione della Palestina.
La Risoluzione 181. La sostituzione della “cabina di pilotaggio” risultò nettamente favorevole alla parte ebraica. Il risultato del passaggioalle Nazioni Unite del difficile incarico di stabilire quale dovesse essere il destino della terra contesa tra i due popoli, arabo ed ebraico, fu una risoluzione, emanata il 29 novembre del 1947 che, tenendo conto delle percentuali demografiche nell’area, si mostrava decisamente sbilanciata a favore dei sionisti. Essi infatti si vedevano assegnare il 56% del territorio palestinese allo scopo di creare uno stato ebraico; il restante 44% rimaneva a disposizione degli arabi per la creazione del loro stato indipendente. Una piccola parte veniva dichiarata “zona internazionale” e consisteva in una serie di enclave, tra cui la città di Gerusalemme. I palestinesi, chiamati a discutere su tale decisione, si trovarono costretti a ritirarsi, vista l’impossibilità di raggiungere un accordo sulla base delle loro esigenze, e, com’è ovvio, rifiutarono la Risoluzione 181.
Il risultato che si ottenne fu allora quello di una polveriera. All’interno di quel 56% che veniva affidato allo stato sionista, i dati parlavano tutt’altro che a favore di un pieno dominio ebraico: ben il 45% della popolazione all’interno dei confini di quello stato era formata da arabi, e l’80% delle terre erano inmano a famiglie arabe. Per i palestinesi, si trattava dell’usurpazione ingiustificata di una porzione del territorio che abitavano da tempo immemorabile, una porzione che superava la metà della superficie palestinese e che, oltretutto, ospitava al suo interno più di 400.000 arabi. Per i sionisti, si trattava di una minaccia costante alla realizzazione dei loro piani, che prevedevano uno stato a maggioranza ebraica. In aggiunta a questo, non bisognava dimenticare la costante minaccia di rappresaglie da parte araba, in reazione all’occupazione ebraica di un territorio che di ebraico aveva ben poco.
Gli ebrei, pienamente favoriti a livello internazionale da concessioni dalla dubbia legittimità, sentivano che la soddisfazione delle loro ambizioni era ancora in pericolo; inoltre, dovevano affrontare il problema più importante: non erano abbastanza. I sionisti, infatti, fin dal 1897, volevano essere da soli nel “loro” paese….
(Da "Nakba, la tragedia del 1948", edizioni Al Hikma, pag.40-43)

sabato 27 novembre 2010

La classe non è acqua

HANNO PICCHIATO ANCHE OGGI di Giandomenico De Cesare


Hanno picchiato anche oggi. Che potevamo fare. Dovevamo obbedire. Faccio parte della Polizia di Stato. Si, anch’io ho una figlia all’università che protestava. Mi sono messo in malattia. Non c’ero. Ho protestato anch’io.
Hanno picchiato anche oggi. Ma non dovevamo fare male. Fare finta, come nei film. Caricare e adagiare il manganello. Sei feriti. “Per Bacco!!!”.
Anche mio figlio c’era oggi e non potevo chiedere malattia. Che orrore, mi ha visto. Il kefiah !!! Noi, in famiglia, siamo comunisti. Io ho sempre adorato il corpo di Polizia. Gli ho mandato messaggi per spostarsi, per evitargli il casino.
Sono rimasto fermo. Il mio superiore lo sa. Ho visto ragazzi che ci credono. Ho visto ragazzi che lo fanno solo per moda. Ho visto altri ragazzi che sperano davvero che il 14 dicembre, Berlusconi si dimetta. Ma si sa, si faranno operazioni al naso, lifting, mal di pancia, diarrea, mal di testa, vomito, febbre, cause di divorzio.
Tanto non cade.
Hanno picchiato anche oggi. Luigi, col tamburo della banda musicale, Maria Luisa col flauto. Gli hanno picchiati perché davano fastidio. Il regime dice che si deve stare in silenzio. Però col mio collega gli avevamo appena regalato sorrisi. Erano pacifici, e che cazzo!!! Fischio d’attacco. Ordine superiore. “Attaccooo!!!” Non era Mazinga Zeta, eravamo noi. Il flauto di Maria Luisa è volato, il labbro insanguinato. Il tamburo di Luigi, bucato. Ma che fastidio dava. Dava fastidio al regime. Ai suoi ultimi giorni di Pompei. Pompei, Gela, Napoli, ma quante città stanno nella merda quotidiana? Pensava Marco mentre manganellava. Ci tolgono soldi, e noi manganelliamo. C’inchiniamo allo stato, perché poi, perdiamo il posto. E c’è crisi. E poi non rientro più nel corpo di Polizia.
Che faccio?
Sarebbe bello rimettere in funzione la gelateria di mia madre. Torno a Castrovillari e ogni giorno vado a trovare mio padre al cimitero.
Hanno picchiato anche oggi. Mentre il governa era battuto sugli emendamenti e c'era un caos tale che persino il ministro della Pubblica Istruzione votava contro la sua riforma. Che ridere. Non lo diranno al Tg1, lo diranno al tg3. Il 13 dicembre qualcuno spera in una cena avvelenata e alcuni deputati saranno in missione. Alcuni si sposeranno. Ad altri morirà il cugino di terzo grado, non potrà mancare all'evento funebre. Deve scegliere, quello dalla quale si guadagna di meno. No?
I tuoi occhi con chi saranno il 13? A chi penseranno il 13?
Intanto una nuvola ha coperto il sole. Ho scoperto un paese dove fanno cento gusti di gelato diversi. Forse vedrò il mare da sud a nord. Hai un cannocchiale? :)

venerdì 26 novembre 2010

La democrazia del manganello


Manganellate agli studenti a Roma, Firenze, Bologna, Milano. Manganellate agli aquilani, manganellate ai resistenti di Terzigno. Evidentemente il capo della polizia, che di cognome fa Manganelli, vuole autocelebrarsi o vuole essere sicuro di essere ricordato nel migliore dei modi. Spesso ci viene ricordato dai media controllati dal capo del governo che viviamo in democrazia. Certo, la costituzione dice questo, ma ne siamo proprio sicuri? Oscar Wilde diceva che "Democrazià significa semplicemente colpi di randello dalla gente per la gente"; alla luce di quanto avviene oggi in Italia probabilmente non aveva tutti i torti. L'articolo 21 della costituzione italiana invece dice "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure." Evidentemente il sig.Manganelli non ha studiato abbastanza.
È la democrazia di chi ha vinto e ora non vorrebbe più perdere, la democrazia di chi parla di "nemico" e non di avversario politico, la democrazia di chi controlla il 70% dei media nazionali, la democrazia del secondogenito di Dio

giovedì 25 novembre 2010

NI PUTES NI SOUMISES, in gonna e non sottomesse



Ni putes ni soumises (in italiano Né puttane né sottomesse) è un movimento sorto nel 2003 a difesa delle ragazze delle banlieue francesi che ha sedi proprio nei luoghi più vicini a questi quartieri. È un movimento femminile popolare nato per contrastare il degrado costante ed inammissibile subito dalle ragazze, secondo i valori di laicità e uguaglianza[1]. Una fondatrice è Sihem Habchi[2]. Dal 2006 è rappresentato anche in Belgio[3].

Il movimento è scaturito da una manifestazione ideata da una decina di donne che, nel febbraio 2003, decisero di attraversare la Francia indossando una maglietta con la scritta «ni putes ni soumises», al fine di richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica sull'efferato omicidio di Sohane Benziane, una diciassettenne di origine magrebina che in seguito a un diverbio con il fidanzato era stata da questi bruciata viva, nell'androne di un palazzo a Vitry-sur-Seine, il 4 ottobre 2002. La protesta ebbe un grande seguito e, dopo dopo un mese di marcia attraverso 23 città della Francia, terminò a Parigi con la sfilata di oltre diecimila partecipanti

In occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne Ni Putes ni Soumis ha lanciato una forte iniziativa. Per denunciare le violenze contro le donne, le francesi indosseranno la gonna. A sbuffo, a pieghe, mini o lunga, ogni gonna va bene pur di appoggiare "quante di noi subiscono il solo fatto di essere nate donne", si legge in un comunicato del noto movimento presieduto da Sihem Habchi. E' il diritto alla femminilità che Ni putes ni soumises vuole promuovere, ricordando che la Francia è teatro di intolleranze proprio come certi Paesi di Africa o Asia. Fatti di cronaca recente lo testimoniano. E' il caso di Marine, 15 anni, picchiata lo scorso ottobre ad Avignone, nel sud, perché aveva osato reagire ai giudizi maschilisti sul suo abito, giudicato "troppo" sexy. A Gap, nell'aprile del 2010, il direttore di una scuola media aveva persino deciso di vietare la gonna in classe pur di evitare problemi. A denunciare la situazione che vivono molto ragazzine nelle banlieue delle grandi città, era stato un film del 2009 "La journee de la jupe" (la giornata della gonna) in cui Isabelle Adjani vestiva i panni di un'insegnante di periferia che prende in ostaggio i suoi studenti maschilisti e chiede in cambio l'instaurazione di una giornata nazionale della gonna.

NI PUTES NI SOUMISES

mercoledì 24 novembre 2010

In Messico denaro pubblico per guarire la malattia del secolo: l'omosessualità


Il congresso dello stato di Jalisco, in Messico, guidato dai conservatori, è stato accusato di aver utilizzato fondi statali per un seminario destinato alla ‘cura’ degli omosessuali.

Il governo dello stato di Jalisco, zona occidentale del Messico, guidato dal Partito azione nazionale (Pan), conservatore, è stato accusato dagli oppositori di aver utilizzato fondi pubblici per un seminario denominato ‘Cammino alla castità, durante il quale sono state indicate a famiglie cattoliche le terapie per ‘curare’ i figli omosessuali. Lo ha reso noto oggi El Universal, precisando che l’opposizione ha approvato una mozione per denunciare penalmente il vice governatore Fernando Guzman.

DIROTTAMENTO DI FONDI PUBBLICI - Il seminario si è svolto a Guadalajara dal 12 al 14 novembre scorsi e l’oratore principale è stato il terapeuta americano Richard Cohen, autore del libro ‘Comprendere e capire l’omosessualita’. El Universal, che rivela i dettagli dei tre giorni di lavori, sottolinea inoltre che secondo Raul Vargas, deputato del Partito della rivoluzione democratica (Prd) di sinistra, anche il governatore Emilio Gonzalez, che tre settimane fa ha assicurato di provare ’schifo’ per i matrimoni tra gay, è stato d’accordo con l’iniziativa. Il presunto utilizzo di fondi pubblici ha generato un nuovo scandalo per il governo di Emilio Gonzalez Marquez. In risposta, il Congresso locale ha autorizzato a presentare una denuncia penale contro Fernando Guzmán Pérez Peláez, Segretario di Stato del governo, per il dirottamento di soldi verso un atto religioso.

NON SI NASCE GAY - Il terapeuta Richard Cohen si è rivolto al pubblico, composto da genitori di grande fervore religioso, cercando di guarire l’omosessualità dei propri figli, e ha assicurato loro che la cura è possibile. ”Non ci sono prove genetiche del fatto che si nasca gay, per cui questa condizione è totalmente reversibile. Per te mamma e papà, se ti aiuto, se si crea la rete di supporto necessario, tu sei l’amore di Dio e il rinnovamento e troverai una grande speranza di guarigione per tuo figlio“.

PURIFICATEVI O ANDRETE ALL’INFERNO - El Universal, che ha seguito i tre giorni del seminario, racconta: loro, gli omosessuali, si spostano in fila indiana e nella segretezza assoluta, fino a una grande croce e con le loro peggiori perversioni sessuali precedentemente scritte su una carta gialla. Poi è la volta delle lesbiche. “L’idea è che Gesù ha sofferto e che il suo sangue redimerà i loro peccati e le perversioni che hanno segnalato“, ha detto un sacerdote, mentre attraversava la stanza, guardando con pietà negli occhi di ognuno dei presenti, quasi tutti considerate persone con qualche tipo di problema sessuale. L’obiettivo iniziale dei partecipanti al rito, circa 200 uomini per lo più giovani e i loro genitori è ammettere che c’è un Dio buono, che perdonerà, purché riconoscano la necessità di vivere in castità purificando il corpo. Un giovane di nome Pietro, siede alla destra del sacerdote speaker che con la sua mano sopra la testa del ragazzo gli fa sapere che vi è una cura per l’omosessualità. “Voi siete nel peccato, e se non curato, andrete con Satana all’inferno“. Pedro lo guarda con orrore, come un bambino perso nella foresta oscura. Nel corso della conferenza sulla strada alla castità, i genitori si dicono dispiaciuti per i loro peccati e per loro non c’è altra risposta che lunghe citazioni dalla Bibbia. Nel frattempo, ognuno dei presenti ricorda la frase che recita: “Signore Gesù, io consacro la mia sessualità a te, detergi e purifica la mia mente, i miei ricordi, la mia fantasia e i miei sogni. Concedimi il dono della castità, che il mio desiderio sessuale sia reso con la Via del tuo Spirito Santo per l’intercessione del mio angelo custode St. Charles Lwanga”. St. Charles Lwanga fu bruciato vivo per essersi rifiutato di partecipare ad atti omosessuali comune nella corte di Re Mwanga II.

di Teresa Scherillo

www.giornalettismo.com

“Senza ricerca non c’è futuro”


Questo lo slogan dei manifestanti che stanno assediando Montecitorio. Fra bandiere rosse e striscioni autoprodotti, le sigle sindacali e politiche che hanno intenzione di animare le università quest’autunno si sono date appuntamento sotto i palazzi del potere per protestare contro l’approvazione del ddl che porta la firma di Mariastella Gelmini, ministro del governo Berlusconi. Una nuova coscienza sembra essersi sviluppata tra i giovani che cominciano a rivendicare il loro sacrosanto diritto allo studio ed ad un futuro senza ombre. Non possiamo non associarci alla loro protesta, è il segnale che qualcosa in questo paese sta veramente cambiando. E stavolta in meglio!!!
Avanti così!!

Dopo il terremoto a L'Aquila mieterà vittime l'amianto, sarà anche questa una mistificazione?


Il Prof. Mario Di Gioacchino docente dell'Università di Chieti ne è certo, L'Aquila di qui a vent'anni sarà colpita dalla seconda piaga "regalataci" dal terremoto, i tumori dovuti all'inalazione di amianto.

L'Asbesto (o comunemente amianto) è 1300 volte più sottile di un capello umano. Non esiste una soglia di rischio al di sotto della quale la concentrazione di fibre di amianto nell'aria non sia pericolosa: teoricamente l'inalazione anche di una sola fibra può causare il mesotelioma ed altre patologie mortali, tuttavia un'esposizione prolungata nel tempo o ad elevate quantità aumenta esponenzialmente le probabilità di contrarle.

Le polveri di amianto, respirate, provocano infatti l'asbestosi, nonché tumori della pleura, ovvero il mesotelioma pleurico e dei bronchi, ed il carcinoma polmonare.

L'impiego dell'amianto è fuori legge in Italia dal 1992. La legge n. 257 del 1992, oltre a stabilire termini e procedure per la dismissione delle attività inerenti all'estrazione e la lavorazione dell'asbesto, è stata la prima ad occuparsi anche dei lavoratori esposti all'amianto.

Qui all'Aquila la situazione è grave, molto, moltissimo amianto è sparso per il centro storico ed in periferia, ogni giorno girovagando per le vie agibili del centro storico se ne può notare sui tetti dei palazzi del centro, nelle canale di scolo delle acque piovane e in molti altri manufatti.

La situazione è cristallizzata.

Tutto congelato al 6 aprile o quasi, smaltire l'amianto presente in un abitato urbano così ampio, variegato e, soprattutto, spossato dal sisma è difficile, forse impossibile.

Per ora si cerca di "non pensarci" o meglio non farlo sapere ai più.

Stabiliti i depositi di stoccaggio delle macerie sarebbe sconveniente allarmare la popolazione parlando dei rischi dell'amianto, di come dovrà essere conservato e poi smaltito.

Viviamo dentro un'immensa discarica di rifiuti speciali.

Senza rendercene conto il panorama cittadino è cambiato viviamo in un abitato urbano che prima era fatto di poche automobili, molto verde, poco smog, pochi cantieri edili e soprattutto quasi nessuna demolizione di palazzine.

Oggi è tutto al contrario, il traffico è impazzito, prima si arrivava in centro si parcheggiava e si facevano tutte o quasi le commissioni, ora si gira attorno al cratere in continuazone da un lato all'altro della città, forse è passato in secondo piano ma uno dei due polmoni verdi della città (San Giuliano) è del tutto bruciata e non bonificata, dove si volge lo sguardo c'è un cantiere che svolge lavori pesanti ed infine a breve inizieranno le demolizioni dei palazzi irrecuperabili in centro come in periferia.


Di questo pagheremo le conseguenze fra qualche anno, in modo "naturale".

Il Professor Di Gioacchino è chiaro, certo che non si deve parlare di prevenzione, ma di diagnosi precoce, i tumori si svilupperanno, non c'è dubbio, bisogna "semplicemente" cercare di diagnosticarli quanto prima.

Soluzioni? Oltre la diagnosi precoce possiamo però fare qualcosa?

Per iniziare si potrebbe smaltire l'amianto visibile, quello di cui già si conosce l'esistenza e l'ubicazione, si potrebbe chiedere ai proprietari degli stabili se ne sono a conoscenza. Invece non si fa nulla, ogni giorno si ripete la stessa scena di fronte ai mucchi di eternit buttati qua e la per la città, scena fatta di attori inconsapevoli che li davanti ci passano per andare a lavorare, a trovare un amico, a fare la spesa.

Per gli avidi.

Sia solo per una questione di denaro, è ovvio che in un posto dove la salute è così a rischio il valore delle case "crolla"....

Ogni giorno in questo modo all'Aquila si rischia la vita aldilà del sisma.


www.abruzzo24ore.tv

lo sviluppo economico dipende dalla legalità


E' quanto afferma Tabellini, rettore dell'università Bocconi ed uno degli economisti italiani più apprezzati al mondo, all'apertura dell'anno accademico 2010-2011.

L'intervento del rettore, Guido Tabellini, all'inaugurazione dell'anno accademico 2010-2011 esalta il ruolo della cultura della legalità e del capitale sociale per lo sviluppo economico, la vera sfida dell'Italia di oggi

La sfida principale per l’Italia è lo sviluppo economico, il cui rallentamento è dovuto anche afattori culturali, a un’insufficiente diffusione di una cultura della legalità che ostacola il buon funzionamento delle istituzioni.L’azione di un’università come la Bocconi è importante, dal momento che “l’istruzione è lo strumento principaleper incidere in modo duraturo sugli atteggiamenti culturali”, ha affermato questa mattina il rettore della Bocconi, Guido Tabellini, in occasione dell’apertura dell’anno accademico 2010-2011.

In mezzo secolo si è passati da una crescita cumulata del 55% nel decennio 1960-1969 alla crescita addirittura negativa del decennio 2000-2009 (e anche senza la crisi del 2009 il risultato sarebbe stato una sostanziale stagnazione); la crescita della produttività del lavoro si è arrestata dagli anni ’90; dal 2002 l’Italia investe sostanzialmente meno degli altri paesi Ue; gli investimenti diretti dall’estero rimangono vicini ai minimi storici e l’Italia non solo attrae ben pochi talenti dall’estero, ma esporta più facilmente i propri (solo l’1,66% degli immigrati tedeschi negli Stati Uniti ha una laurea, mentre per gli italiani la quota è del 4,78%).

Tutto ciò riflette, più ancora che la mancanza di riforme economiche, “un problema più generale, di tipo culturale, e cioè la presenza di valori, atteggiamenti, credenze, che ostacolano il buon funzionamento di un’economia di mercato in uno stato di diritto e il buon funzionamento delle istituzioni pubbliche in una democrazia liberale”, come conferma “un numero crescente di ricerche economiche”.

“La tutela dei diritti di proprietà, l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, la protezione dall’abuso da parte dei governi spiegano la differenza tra i paesi ricchi e quelli poveri più di qualunque altra variabile economica, sociale o geografica”, ha affermato Tabellini. “I paesi dove le istituzioni tipiche di uno stato di diritto e in particolare la giustizia funzionano meglio tendono a specializzarsi in settori produttivi più sofisticati”.

E, invece, in Italia i tempi della giustizia civile sono quattro volte più lunghi che negli Stati Uniti, la percezione dell’efficacia dell’azione di governo è inferiore a quella di alcuni paesi africani e la fiducia nelle regole della società, con particolare riguardo al rispetto dei contratti e del diritto di proprietà, sono allineati con paesi che hanno raggiunto un livello di sviluppo economico ben inferiore al nostro.

Questi fattori contribuiscono a spiegare una specializzazione “in settori tecnologicamente poco avanzati e particolarmente esposti alla concorrenza dei paesi emergenti” e fenomeni di illegalità diffusa, con un’economia sommersa stimata intorno a un quarto del Pil, tre volte più di Svizzera o Stati Uniti.

La scarsità di capitale sociale, che si associa anche a una minore propensione al decentramento organizzativo all’interno delle strutture aziendali, è uno dei motivi della piccola dimensione delle nostre imprese: in un contesto culturale, sociale e istituzionale che scoraggia il decentramento di responsabilità e rende più difficili le relazioni industriali si stenta ad attuare il decentramento organizzativo che meglio si addice alle nuove tecnologie.

Dove il capitale sociale è più scarso, i cittadini tendono a non sanzionare la corruzione dei governanti e l’Italia, nelle classifiche di percezione della corruzione, langue al 67° posto al mondo.

L’Italia, ha sostenuto Tabellini, rischia di restare intrappolata in una situazione di “equilibrio inefficiente, cioè in una situazione in cui gli incentivi individuali e le aspettative circa i comportamenti altrui sono allineati e spingono i singoli ad agire in modo controproducente per la collettività. L’illegalità diffusa riduce l’efficacia della giustizia e la probabilità di essere sanzionati, aumentando la convenienza di condotte illecite; l’evasione fiscale è un cuscinetto che permette di mantenere situazioni di inefficienza ed eccessiva frammentazione della struttura produttiva, riducendo la competitività sui mercati aperti; la prevalenza della fedeltà rispetto al merito fa fuggire le persone di talento”.

Ma un cambiamento di rotta, che passi attraverso l’istruzione e la formazione di una nuova cultura della legalità, è possibile, e, anzi, vi sono esempi storici di queste trasformazioni sociali, a partire da quella vissuta dagli Stati Uniti nel secolo scorso, da paese corrottoad esempio di senso civico e rispetto per le istituzioni. Le università, specie quelle specializzate nelle scienze economiche e sociali, possono svolgere un ruolo cruciale a questo proposito, e porre le basi per un futuro migliore.

“La nostra università è da sempre impegnata su questi temi. Il nostro intento strategico è far sì che la Bocconi sia sempre di più in grado di offrire a tutti i meritevoli le migliori condizioni e gli stimoli più forti per lo sviluppo dei membri della propria comunità, indipendentemente dalle posizioni di partenza e dal reddito familiare. Il riconoscimento del merito e la valorizzazione delle capacità individuali sono un aspetto centrale per formare senso di appartenenza e di identificazione con la società in cui viviamo: possiamo condividere un senso di appartenenza solo nei confronti di una società giusta, che offre opportunità a tutti, e dove il merito è riconosciuto. Come università, siamo però attenti a evitare che la meritocrazia non sia così esasperata da degenerare in competizione eccessiva. La Bocconi si è dotata di un sistema di regole il più possibile eque, che sono fatte rispettare con imparzialità. Anche questo è un modo per diffondere il rispetto delle istituzioni, e per sviluppare senso di appartenenza a una comunità di cui si condividono i valori”.

Università Bocconi

martedì 23 novembre 2010

''Le primarie non sono un corpo contundente."


Spiacciono le parole di D'Alema, che fa torto al popolo del centrosinistra e alla storia delle primarie, che sono una cessione di sovranita' da parte delle nomenclature. La gente non ci sopporta quando ci presentiamo come generali. Se 15 anni di berlusconismo non ci fanno capire che dobbiamo affidarci a un processo democratico, se D'Alema pensa ad antiche e consuete alchimie di palazzo, ci consegneremo alla sconfitta. Io voglio vincere.

Nichi Vendola, TG LA7, 23 Nov 2010

Le scuole sommerse dalla munnezza. Pagano sempre i più piccoli


I bambini dei quartieri spagnoli per accedere ai loro istituti devono “nuotare” in un mare di rifiuti





Sull’eterna emergenza rifiuti a Napoli è già stato detto e visto tanto, sebbene forse non tutto. Importante in tal senso il contributo di Roberto Saviano, il quale nella trasmissione condotta da Fabio Fazio “Vieni via con me”, ci ha offerto nella puntata di lunedì scorso un’importante e interessante cronistoria sulla questione rifiuti nel napoletano e nel casertano. Ha posto in rilievo le responsabilità ugualmente distribuite tra politica locale, camorra, massoneria deviata…e Nord Italia.

UN FIUME DI MONNEZZA - Già, Nord Italia, quella fetta del Paese che ci fa lezioni quotidiane su come dovremmo gestire i rifiuti, guardandoci dall’alto (in senso geografico e metaforico) con disprezzo e sguardo basito. Le regioni settentrionali hanno portato infatti durante gli anni ’90, nelle tante discariche campane presenti sul territorio (quasi tutte illegali), i loro rifiuti tossici, utilizzando la Campania anche come crocevia per lo sbarco di tali rifiuti nei Paesi dell’Africa centrale. Inquinando e compromettendo così il mare, le campagne e le falde acquifere tra Napoli e Caserta. Questo post lo vorrei però dedicare alle tante anime innocenti che stanno pagando le scelte senza scrupoli degli adulti, lasciando loro un futuro incerto, forse compromesso. Tra i tanti edifici circondati e in taluni casi sommersi dai rifiuti, vi sono inevitabilmente anche le scuole. Bambini e adolescenti, per raggiungere gli istituti preposti alla loro educazione, devono attraversare fiumane di rifiuti come se attraversassero controcorrente dei fiumi in piena o dei mari in tempesta.

BAMBINI CHE NUOTANO NEI RIFIUTI - Eloquente è questa foto inviatami dalla madre di un alunno dell’XI Circolo Didattico “Istituto Comprensivo Scuola Media Statale Pasquale Scura – Giovanni Paisiello”, sito a Piazza Montecalvario nei Quartieri Spagnoli. Si possono notare i ragazzini immersi nei rifiuti come se stessero nuotando per raggiungere in modo impavido la propria scuola ed espletare un diritto che gli spetta: l’istruzione. Un diritto che in fondo è anche un’arma, che un domani potrebbe distinguerli da chi quella vergognosa montagna di rifiuti l’ha provocata. A Napoli, gli adolescenti di 15-16 anni – ovvero le classi nate dopo il ’94 – probabilmente non hanno mai visto una città priva di rifiuti in strada. Con la monnezza ci sono nati e cresciuti, accettandola forse come la normalità. E pensare che a pochi chilometri (se non metri) dalle loro abitazioni c’è il mare, o qualche monumento millenario di cui magari ignorano l’esistenza perché nessuno gliel’ha mai fatto notare. Perché Napoli oggi è annoverata solo per i rifiuti. Rifiuti che stanno seppellendo i bei paesaggi e i monumenti, un tempo motivo di vanto per la città partenopea. Lasciando allo scoperto il nervo più antipatico: la nostra umiliazione.
Aveva ragione Edoardo De Filippo, citato da Saviano lunedì scorso: a furia di sminuire i problemi, anche i più gravi, dicendo «cos e’nient», oggi davvero «simm diventat cos e’ nient». Infine, vi ricordate quello spot lanciato dal Governo più di due anni fa, che diceva all’Italia che il problema dei rifiuti a Napoli era stato risolto? C’era Elena Russo, attrice che come riportato dalle intercettazioni telefoniche era stata raccomandata nel 2007 da Berlusconi a Saccà, dirigente Rai. Bé oggi dovrebbero rimandare quello spot a ritroso. e ccolo, appannaggio di chi lo ha dimenticato

di Luca Scialo
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SOLIDARIETA' ALLA SOLIDARIETA'


Raccolta fondi per la ricostruzione della bottega del mondo “Il Sicomoro”, L’Aquila


scarica il progetto

Il 6 aprile 2009 un sisma ha colpito L’Aquila, capoluogo di regione dell’Abruzzo, e la sua provincia. Un’intera regione, direttamente e indirettamente, si è trovata a fare i conti con 60.000 esseri umani da aiutare, sostenere, abbracciare.
L' Associazione Il Sicomoro, storica realtà di Commercio Equo & Solidale (com.e.s.) della città dell’Aquila, ha subito danni ingenti, tanto che i locali che la ospitavano sono ormai semi-distrutti e quindi impraticabili, come del resto tutto il centro storico.
La Cooperativa Sociale “Il Mandorlo” (bottega del mondo di Pescara) e l’Associazione “Il Sicomoro” hanno avviato una raccolta fondi a sostegno della “ricostruzione” della bottega e di quel tessuto sociale ricco e complesso che in essa aveva un importante punto di riferimento.
La sinergia tra le due associazioni porterà avanti il progetto che prevede, nell’immediato, l’acquisto e l'istallazione di una struttura in legno di 200mq, nel rispetto dei principi della bioedilizia.
Tutto questo sarà possibile solo grazie alla solidarietà concreta del circuito nazionale del Commercio Equo e Solidale e delle altre realtà collegate.
Con questo progetto si vuole ricreare un punto di aggregazione e di riferimento per tutte quelle realtà aquilane che si occupano di economia solidale e che intendano “ricostruire” la propria città dal basso, proponendo collaborazioni a breve, medio e lungo termine, con il panorama sociale regionale, nazionale ed internazionale.
Si prevede che la struttura ospiterà:
•punto vendita del com.e.s.;
•punto vendita prodotti bio locali;
•equo bar;
•punto informazione alternativa (Carta,Altraeconomia,ecc..);
•punto informazione finanza etica, turismo responsabile, bio edilizia;
•foresteria/B&B, saletta dibattiti, internet point;
•spazio esterno per eventi.

CARATTERISTICHE TECNICHE E FUNZIONALI
L'edificio sarà realizzato con una struttura modulare in legno basata sull'innovativa tecnologia dei pannelli in legno massiccio a strati incrociati.
La scelta del legno quale sistema costruttivo, risponde all'esigenza di costruire in modo ecologico, sostenibile e con un alto grado di sicurezza rispetto ad eventi sismici.
Dal punto di vista della sostenibilità ambientale, infatti, il legno è un materiale naturale, rigenerabile (la massima crescita di un albero di conifera, pino, abete o larice, viene raggiunta in un periodo che è pari circa alla metà della vita media di un edificio) e disponibile. Attualmente ogni anno in Europa viene utilizzato solo il 60% dell'accrescimento annuo delle foreste autoctone.
Dal punto di vista del comportamento antisismico, gli edifici in legno, grazie alle ridotte masse utilizzate, alla duttilità della struttura e al lungo periodo proprio di oscillazione, si possono considerare intrinsecamente sicuri.
Per garantire la massima flessibilità funzionale degli spazi e la possibilità di smontare e delocalizzare l'edificio in caso di necessità future, la struttura sarà costituita dall'aggregazione di moduli prefabbricati di dimensioni atte al trasporto. Tale soluzione consentirà, da un lato, di dar vita a diverse possibili configurazioni finali e dall'altro di accorciare i tempi di costruzione, limitare la durata del cantiere e ridurre i costi complessivi dell'intervento.
Nel processo di progettazione partecipata che si intende avviare, particolare attenzione sarà dedicata all'uso di materiali ecologici a basso impatto, all'efficienza energetica e alla produzione di energia da fonti rinnovabili con l'installazione di un impianto fotovoltaico e di un impianto solare termico.
La superficie utile complessiva, di circa 200 mq, sarà dislocata prevalentemente su un piano. Le aree esterne saranno sistemate in modo da poter accogliere attività varie soprattutto durante i mesi estivi.
Si prevede che l'edificio possa essere realizzato in circa 3 mesi di lavorazione su un terreno da individuare.

PRINCIPALI VOCI DI SPESA
Acquisto eventuale del terreno € 10.000
scavi e fondazioni € 10.000
struttura in legno e finiture € 90.000
Energie rinnovabili ed impiantistica € 45.000
sistemazioni esterne € 5.000
TOTALE € 160.000

Le immagini della nuova bottega saranno inviate a tutti coloro che avranno contribuito a far rinascere “Il Sicomoro” facendo una donazione in denaro utilizzando i
seguenti c/c :

Intestazione : Associazione Il Sicomoro
Codice Iban Banca Popolare Etica: IT 26 O 05018 12100 000000125716
Causale : Ricostruzione Sicomoro
_________________
Intestazione: Cooperativa sociale Il Mandorlo
Codice iban Banco Posta : IT 06 D 07601 15400 000017673658
Causale: Ricostruzione Sicomoro

Per seguire il progetto di ricostruzione visitate il nuovo sito della bottega, dove sono state anche raccolte numerose testimonianze delle persone dell'associazione in merito agli eventi del post terremoto:www.nuovabottega.org

L’Aquila, le C.A.S.E. di Berlusconi cadono a pezzi


Nelle abitazioni vendute dal governo come l’emblema di una miracolosa ricostruzione-lampo i disagi continuano.

Ne avevamo parlato poco tempo fa: le case costruite a L’Aquila per i terremotati, che il governo aveva sbandierato ai quattro venti come l’emblema di una ricostruzione-lampo e dell’efficienza di esecutivo e Protezione Civile nel fronteggiare l’emergenza dopo il sisma del 6 aprile 2009 che causò la morte di oltre 300 persone – scrivevamo il 25 ottobre - perdono pezzi.

IL CROLLO – E’ il caso di ripetere lo stesso oggi: dal sito 6 aprile, che aveva già segnalato i problemi relativi alla scarsa areazione della casa, alle infiltrazioni di acquea, agli impianti di scarsa qualità e alla difficoltà che si ricontrano nei lavori di manutenzione degli alloggi, arriva una nuova denuncia. Un corposo pezzo di cartongesso si è staccato da una delle piastre delle C.A.S.E. antisismiche costate ben 2700 euro a metro quadrato. Ad accorgersi dell’accaduto sarebbe stata un’inquilina del complesso, che, recandosi in garage, si è ritrovata davanti un componente edilizio di 2 metri e circa 70 kg di peso a causa delle recenti piogge, ma molto probabilmente anche perchè privo di un adeguato sostegno, staccatosi dal soffitto e crollato al suolo.

ARRIVANO I POMPIERI – “Dal sopralluogo effettuato dai Vigili del Fuoco – ha spiegato l’inquilina delle abitazioni del Progetto C.A.S.E – si evince che le travi di copertura come quella crollata, del peso di 70 Kg circa, sono impregnate d’acqua e si reggono solo grazie alle staffe di ferro, che nella trave in questione non erano state affatto applicate. Le famiglie della zona hanno deciso che appena sarà pronto il verbale dei Vigili del Fuoco, sul quale è specificato che la situazione è da considerarsi rischiosa per persone e cose, procederanno alla denuncia alle autorità competenti“. “Più persone – ha concluso la signora – hanno tentato di contattare il numero verde dell’azienda addetta alla manutenzione, ma dopo aver ascoltato per diversi minuti un disco registrato, l’operatore che ha risposto ha chiaramente detto che l’indirizzo a lui comunicato (via, quartiere e numero civico) non era sufficiente per individuare il luogo esatto a cui inviare gli operai che, di fatto, non sono arrivati anche perchè, la domenica è un giorno festivo e loro non sono tenuti ad intervenire“.

di Donato De Sena
www.giornalettismo.com

Alessandra Mussolini, tutto ciò che una donna non dovrebbe essere


Eccovi una serie di dichiarazione della nostra onorevole, una che ha fatto della volgarità il suo stile di vita e che è la negazione dell'essere donna:
"Maometto era un pedofilo".
"Avremo la bava alla bocca".
"Silvio è ossessionato da me: non gliela dò".
"Silvio vede le donne solo orizzontali".
"Mio nonno aveva un disegno, una strategia. Doveva ottenere il consenso. Non fu voltagabbana."
"Feltri è molto in gamba. Ha l'oro nelle mani. Ha intuizioni valide."
"Io amo Berlusconi. E lo dico anche: Berlusconi mi piace. È uno che ti saluta, ti ascolta, sente quello che hai da dire. Crea una squadra."
"Meglio fascista che frocio."
"E' di peso solo per i bijoux" sulla Santanchè
“L’unico uccello a cui sparerei è quello di Italo Bocchino”
Alla luce delle dichiarazioni di cui sopra, il mio pensiero è rivolto ai suoi figli, è dura uscire di casa sapendo di avere una madrre simile

In quest'epoca di pazzi ci mancavano gli idioti del Softair


Sembra che in Italia abbia preso piede una nuova moda: quella di giocare alla guerra. Si chiama Softair l'ultimo vezzo di giovani e meno giovani annoiati dalla routine giornaliera. Gente che, per divertirsi, non ha pensato di meglio che imbracciare armi, tute mimetiche e equipaggiamento vario per simulare battaglie in piena regola, divertendosi a sparare ed uccidere. In un'epoca in cui le conigliette di Playboy diventano ministre, il capo del governo dà festini con minorenni, mafiosi e camorristi sottosegretari all'economia, giudici che diventano delinquenti e delinquenti che diventano eroi, in un'epoca in cui l'operaio arriva a malapena a metà mese, in un'epoca in cui i gay vengono considerati malati, in un'epoca in cui il razzismo è diventato uno stile di vita, in un'epoca in cui chi è precario deve ritenersi già fortunato, in un'epoca in cui il profitto conta più della sacralità della vita, CI MANCAVANO GLI IDIOTI DEL SOFTAIR

lunedì 22 novembre 2010

NON TOCCATE IL 5 PER MILLE


Sottoscrivi l'appello in difesa del 5 per 1000 su www.iononcisto.org.
Se entrerà in vigore la nuova "Legge per la stabilità" che mette un tetto al 5 per 1000, tutte le organizzazioni del terzo settore subiranno un taglio dei fondi del 75%.


Negli scorsi giorni, i giornali hanno riportato la notizia che la Commissione Bilancio della Camera dei Deputati ha esaminato il testo della nuova "legge per la stabilità". Tale legge limiterebbe a 100 milioni di euro i fondi da destinare al "5 per 1000" con una riduzione del 75% rispetto all'importo dell'anno precedente. Tale ulteriore taglio si aggiunge a quelli effettuati al bilancio della cooperazione internazionale italiana, ai contributi alle istituzioni internazionali che aiutano i paesi in via di sviluppo e a quelli per la ricerca scientifica, universitaria e sanitaria.

Questi tagli si ripercuotono significativamente sull'operatività delle organizzazioni del terzo settore, che hanno dimostrato una professionalità molto elevata, oggetto di apprezzamento in Italia e all'estero.

Tagliare i fondi a disposizione del "5 per 1000" significherebbe anche limitare drasticamente la libertà dei cittadini di decidere come destinare la propria quota dell'imposta sui redditi direttamente a sostegno degli operatori del terzo settore.

Per queste ragioni chiediamo al Parlamento Italiano di intervenire per eliminare, nel testo della legge di prossima discussione, il tetto di 100 milioni di euro da destinare al "5 per 1000" per l'anno 2011, ripristinando quanto meno l'importo dei fondi previsti nell'anno 2010.

Ti chiediamo una mano: per dare più forza alla nostra richiesta serve anche la tua firma. Se sei d'accordo con noi, sottoscrivi l'appello su www.iononcisto.org e aiutaci a diffondere la notizia.

IRREGOLARE di Vincenzo Bosica


In un mondo iper tecnologico e inquinato oltre limite, il rinnovamento naturale è praticamente assente e la ricerca diretta altrove. La vita media ha superato il secolo grazie agli impianti cibernetici sostitutivi e potenzianti; il collasso demografico è scongiurato con l'introduzione di una razionale direttiva internazionale, che dispensa un Permesso di Procreazione solo in caso di un nuovo decesso. Una nascita in cambio di una morte. Identità personali registrate e codificate digitalmente creano una traccia informatica unica e indelebile. Nessuno sfugge al Sistema e ai suoi occhi elettronici. Nell'ordine disumanizzato di una società gestita dalle macchine, un efferato delitto scuote le fondamenta: un uomo viene trovato morto nel suo appartamento, il suo occhio artificiale strappato dall'orbita oculare. Shaun Morrison, detective dalla personalità complessa e poco incline alla disciplina imposta dal corpo di polizia, indaga sul caso, che sembra subito condurre a un traffico di innesti cibernetici per poi complicarsi. L'elemento di disturbo è qualcuno che il Sistema disconosce: un irregolare.

Premetto che sono un avido lettore e che mi piace andare alla scoperta di libri strani, semisconosciuti o di autori non famosi. Incappo così, navigando in rete, in un comunicato stampa di un libro di fantascienza appena uscito e scritto da un autore esordiente. Incuriosito, inizio a spulciare la rete e vedo che praticamente quest’opera è dappertutto: comunicati, recensioni, interviste, immagini, un popò di roba che non finisce più… sembra un capolavoro, ma sono troppo scafato per abboccare! Arrivo allora sul blog ufficiale del romanzo: irregolare-sf.blogspot.com/ e con mia sorpresa e piacere scopro che ci sono un paio di racconti dello stesso autore che divoro velocemente. Mi piacciono molto entrambi (cosa rara, non amo i racconti!) e decido di dar fede alle voci che descrivono questo romanzo come una sorta di rivelazione della fantascienza italiana. Decido così di comprare questo libro che si intitola IRREGOLARE, scritto da autore esordiente abbastanza giovane che risponde al nome di Vincenzo Bosica.

Ecco a voi la mia recensione:
Copertina: voto 10!
Disegnata dallo stesso autore del romanzo (che di professione fa il grafico – e pure bene! – non perdetevi la grafica del blog, il wallpaper del romanzo o gli schizzi disegnati da lui!), la copertina mostra un volto androgino, con un occhio verde intenso che sembra guardarti, giovane e vecchio al tempo stesso (che ricollega al romanzo), segnato da una striscia di pigmento rosso sangue, come una sorta di disegno tribale di guerra, molto interessante! La copertina non da subito l’idea di cosa voglia significare, ma leggendo il libro capirete tutto!
Stampa: voto 7!
Buona la carta, i caratteri sono del corpo giusto e ben leggibili. Il libro, preso in mano, è un buon mattoncino che non sfigura affatto. Unico neo: copertina non rigida e priva di effetti di stampa strabilianti.
Stile di scrittura: voto 8!
Secco, lineare, veloce, spesso crudo e tagliente come un rasoio, ma mai scarno o banale. L’autore è capace di arrivare dritto al punto senza troppi giri di parole, alle volte così all’improvviso che l’unico rammarico è che bisogna girare le pagine per stare dietro alla lettura! In definitiva uno stile molto moderno, adatto al genere del romanzo.
Trama: voto 9!
L’ambientazione ricorda1984, il famoso romanzo di George Orwell, per il tema del controllo totale dello Stato sulla popolazione, ma ancora di più richiama l’ambientazione di Blade Runner, il film tratto da un romanzo di Philip K. Dick, il tutto rivisto e interpretato secondo la personale visione dell'autore. Nulla di veramente innovativo (questo è forse un neo) ma le descrizioni tecnologiche sono eccezionali e la costruzione dell’intreccio è molto, ma molto bella, con tanti personaggi e diverse vicende che si collegano a formare un quadro finale perfetto.
Il testo è una perfetta miscela di fantascienza, thriller, poliziesco: si segue la vicenda del protagonista, Shaun Morrison, detective davvero su di giri, in ansia per la promozione a tenente, per la quale si deve cimentare in sessioni virtuali gestite da I. A. In un mondo ipertecnologico e inquinato, al limite del collasso demografico, tutti sono registrati e continuamente controllati e si può avere un figlio solo entrando in possesso di un Permesso di Procreazione. Una vita per ogni morto, così da mantenere stabile la popolazione mondiale. In questo scenario si scopre che esiste una persona definita "Irregolare" in quanto nata senza permesso procreazione e pertanto mai registrata dal Sistema. A complicare le cose, si scopre che la presenza dell'Irregolare è legata in qualche modo ad un efferato delitto, che conduce ad un traffico di innesti cibernetici rubati. Insomma i colpi di scena non mancano e il romanzo si legge che è una bellezza, e fino alla fine tiene in sospeso il lettore… non svelo altro perché bisogna leggerlo!
Giudizio finale: voto 8,5!
È un libro che consiglio a tutti gli amanti di fantascienza, azione, thriller e polizieschi, davvero una bella novità. Anche per chi non ama la fantascienza in sè, perché l’ambientazione è davvero molto verosimile e per nulla artificiosa: niente viaggi spaziali o temporali, niente alieni.. tutto è giusto un passo verso il futuro.
Giudizio finale Bis: voto 9!
Lo scrivo per amore di recensione, ma il mezzo punto al giudizio finale è d’obbligo per le note conclusive scritte direttamente dall’autore, che fanno davvero capire in che mondo viviamo. Qui non vi dico nulla.. e a tutti i curiosi dico: non leggete le note prima di aver terminato il romanzo, ne vale la pena!

GRAZIE L'AQUILA


Senza voler usare retorica o sembrare troppo sdolcinato volevo ringraziare pubblicamente tutta la città de L'Aquila e la sua gente. Ho partecipato alla manifestazione del 20 novembre, come tanti, richiamato dal grido di dolore e rabbia di quella città, del nostro capoluogo di regione. Non ero mai stato a L'Aquila dopo il terremoto, chi non vede difficilmente riesce a rendersi conto delle necessità della città, dei piccoli problemi che giornalmente si trovano ad affrontare i suoi abitanti. Ho sentito storie tristi, storie di soprusi, storie che mai nessun TG e mai nessun giornale hanno mai riportato. Ho riabbracciato vecchi amici, mi sono commosso davanti ai simboli del dolore, e per questo mi sento di ringraziare L'Aquila ed i suoi cittadini che hanno condiviso con noi la loro rabbia, il loro dolore, le loro paure e le loro speranze. Ci hanno fatto sentire parte integrante della città, ci hanno fatto sentire più vivi con la loro forza di combattere e lottare contro un potere che antepone sempre il profitto agli interessi della povera gente, che antepone sempre l'immagine, la facciata ed i proclami alla voglia ed alla necessità da parte degli aquilani di tornare a vivere in maniera armonica, sociale e vitale la loro città. Perchè è questo il problema, non è il progetto CASE. Tanti dicono "ma di cosa si lamentno, hanno avuto una casa in pochi mesi". E' vero, per tanti è così. La città però è morta, mancano i centri d'aggregazione, manca la vita, manca un progetto unitario di ricostruzione. Anche chi volesse muoversi in proprio senza aspettare lo Stato è bloccato dalla burocrazia. E quindi grazie, grazie a L'Aquila, grazie a quei cittadini che hanno sfilato con dignità, con forza di volontà e con orgoglio, senza inutili piagnistei, senza fare del vittimismo. Grazie anche ai resistenti di Terzigno, ai familiari delle vittime di Viareggio, grazie a tutti coloro che si sono sobbarcati 5, 6, 10 ore di viaggio per portare il loro sostegno morale. Grazie a tutti, da sabato scorso sono una persona più viva.

venerdì 19 novembre 2010

"Un libro deve essere un'ascia per il mare ghiacciato che è entro di noi" (Franz Kafka)

Che ne direste di grilli e cavallette alla griglia? :))


Addio bistecche! Il cibo del futuro sono gli insetti
Nutrirci di grilli e cavallette significherebbe eliminare malnutrizione, obesità e ed inquinamento. L’impegno della Fao.
Addio bistecche. Il cibo del futuro sembrano essere cavallette, grilli, formiche. E’ grazie agli insetti – secondo degli esperti della Fao - che si può mettere la parola fine a diversi problemi dei nostri tempi legati all’alimentazione. Nutrirci prevalentemente di insetti significherebbe evitare la malnutrizione, eliminare l’obesità, ridurre le emissioni di gas serra generate dalla lavorazione della carne da bestiame.

STOP AD INQUINAMENTO E MALNUTRIZIONE – Tre flagelli, dunque, verrebbero risolti grazie ai piccoli animaletti dalle indiscusse e rinomate qualità nutrizionali. L’ostacolo resta quello della diffusione: ma il loro consumo è molto diffuso nel Sud-Est asiatico e in alcuni paesi dell’Africa e del Sud America, ma agli occidentali non piacciono. Quella di cibarsi degli insetti è una pratica (detta “entomofagia”) che, come testimoniano alcuni scritti di Aristotele, risale all’antica Grecia. Secondo i dati diffusi dalla Fao, sarebbero almeno 527 le diverse specie di insetti che vengono mangiati nel mondo, dal Sudafrica al Venezuela, dalla Colombia al Giappone, passando per Laos, Cambogia, Thailandia, Vietnam, Cina. I valori nutrizionali dei piccoli animali sono stati sempre snobbati dalle nostre parti, a parte qualche rara eccezione.

GLI INSETTI NELLA CUCINA OCCIDENTALE – La produzione di insetti è economica, ecologica, e non richiede emissione di gas nell’atmosfera. Si possono sfamare un gran numero di persone senza creare shock all’ambiente e fornendo un dieta equilibrata e priva di grassi. Negli Stati Uniti e Canada qualcuno comincia a sperimentare la nuova cucina. Già si vede spuntare qualche ristorante in cui vengono serviti formiche e miele, cavallette arristite, spiedini di grilli. Anche in Francia c’è chi si da da fare. Come lo chef e ristoratore Alexis Chambon, un pionere della cucina fatta con gli insetti che cerca di diffondere il più possibile la nuova tendenza vendendo le sue creazioni alle fiere: “Cuciniamo - spiega - per di più grilli ed altri insetti che si trovano in Europa. Abbiamo le nostre aziende agricole che offrono diversi tipi di prodotti, dalle caramelle ai lecca lecca alla pizza. Vera e propria gastronomia. I nostri prodotti sono freschi e siamo sempre pronti all’innovazione“.

L’IMPEGNO DELLA FAO – La Fao vuole insistere su iniziative che diano impulso alla entomofagia. Ne parla Paul Vantomme, che presso l’organizzazione delle Nazioni unite per l’alimentazione el’agricoltura è Forest Specialist. “Sosteniamo questa causa prima che sia troppo tardi. Sta diminuendo a causa dell’influenza delle culture occidentali. Gli insetti sono ricchi di proteine rispetto alla maggior parte degli animali. Il nostro ruolo è quello di promuoverne il consumo e fare in modo che mangiare insetti non sia più un tabù“. Per le Nazioni Unite sarebbe questa la soluzione per risolvere il problema della malnutrizione che riguarda un miliardi di persone. La promozione dell’inconsueto alimento è partita nel 2000. La Fao spera di stabilire sicurezza alimentare entro il 2015.

di Donato de Sena
www.giornalettismo.com

20-11-2010 Giornata mondiale dei Diritti dell'Infanzia, c'è ben poco da festeggiare


“Ogni anno, puntualmente, si ripropone la fiera delle belle intenzioni destinate soltanto ad arricchire la letteratura politico-istituzionale”: è quanto sostengono Antonio Marziale e Alessandro Pedrini, rispettivamente presidente e direttore generale dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori, in riferimento alla giornata mondiale dei diritti dell’infanzia, che a loro parere: “Non ha senso celebrare, visto e considerato che, nella sostanza, la mirabile dichiarazione d’intenti siglata a New York 21 anni orsono non ha modificato la vita a milioni di sempre più bambini afflitti dalla fame, coinvolti in conflitti armati e sfruttati a vantaggio di un mercato pedopornografico mondiale esorbitante, che l’ONU si ostina a non riconoscere quale crimine contro l’umanità”.
Per Marziale e Pedrini: “Tra le distorsioni e le contraddizioni della Dichiarazione universale sui diritti dell’infanzia vi è la mancata ratifica da parte degli USA, giacché alcuni Stati continuano a condannare a morte persone che hanno commesso reati quando erano ancora minorenni”.
“Sul piano nazionale – concludono Marziale e Pedrini – le motivazioni per non celebrare sono inquantificabili e solo la malafede o l’ignoranza potrebbero permettere a qualcuno di asserire il contrario”.

AL VENETO NIENTE SOLDI SOLO PROMESSE


Il governo delle chiacchiere e degli spot. Persino durante la gestione delle emergenze. Così come è stato per l’emergenza rifiuti in Campania e per il terremoto a L’Aquila, anche per le alluvioni l’esecutivo Berlusconi punta più agli spot che alla sostanza. Mentre imprese e cittadini attendono fatti. Il Veneto, è stato devastato da alluvioni e smottamenti, ma la regione non ha stanziato un centesimo per l’emergenza, affermando che doveva pensarci Roma. Lo Stato, dopo giorni di tentennamento, ha risposto: fondo di trecento milioni annunciato in pompa magna da Bossi e Berlusconi. Dove sono? Nessuno ancora lo sa perché di questi soldi non c’è traccia in nessun provvedimento economico del governo. Non c’è nella legge di stabilità che si sta approvando ora alla Camera, come invece sarebbe stato naturale. Non ne esiste traccia. Ma non è tutto: il 30 novembre scadono i termini per il pagamento degli acconti Irpef e molte aziende venete sono in difficoltà, sia perché sono ferme e non guadagnano, sia perché a causa delle alluvioni hanno perso fisicamente i faldoni e i computer contenenti i dati. Questa perdita di contabilità si è aggiunta al disastro naturale. Di fronte a questa situazione sarebbe stato naturale approvare un decreto per prorogare le scadenze fiscali nei territori colpiti. Non c’è stato nulla da parte di governo e maggioranza. Per questo, ieri, in Aula, abbiamo presentato un emendamento sulla sospensione del pagamento dei tributi. Bocciato. Irresponsabilmente bocciato. Eppure si trattava di una misura richiesta a gran voce dalla Lega e dal Pdl. L’hanno chiesta, annunciata, invece non solo non l’hanno proposta, ma l’hanno addirittura bocciata quando è stata presentata da una forza di opposizione. In questo momento, in cui il governo è ballerino e la maggioranza sfaldata, non hanno avuto il coraggio di accogliere un emendamento dell’opposizione. E’ la dimostrazione più evidente che ai fatti preferiscono gli spot. Anche quando si tratta di tragedie.

di Massimo Donadi, parlamentare IDV
www.massimodonadi.it

Minneapolis, una coppia fa un sondaggio sul web "abortiamo o no? decidete voi"


In attesa di un bimbo da 17 settimane, ma ancora non ben certi se lo vogliono o no, due trentenni di Minneapolis decidono di fare un sondaggio on line per farlo decidere agli internauti.
Pete e Alisha Arnold, 30enni e sposati, quando hanno saputo di aspettare un bambino, hanno aperto un blog e hanno deciso che sarebbero stati gli internauti a dir loro se tenere il bimbo o abortire, così hanno postato sul sito birthornot le ecografie del feto, un maschietto in buona salute che chiamano ‘Wiggles’ e stanno tenendo una sorta di diario della gravidanza di Alisha.
VINCONO I PRO LIFE - Gli internauti hanno tempo fino al 7 dicembre per votare pro o contro l’aborto perché due giorni dopo scade il termine legale per l’interruzione volontaria della gravidanza nello stato del Minnesota. Al momento hanno votato in 13 mila e “Partorire” ha il 76,85% dei voti al momento, mentre ”Abortire” è al 23,15%.
UNO SCHERZO IDIOTA O UNA BRAVATA PRO-LIFE? - A questo punto, i media si stanno interrogando e Alicia Chen su Gawker scrive che, in questo caso, potrebbero esserci tre possibilità: potrebbe trattarsi di uno “scherzo idiota” con lo scopo di guadagnarsi un po’ di celebrità, potrebbe trattarsi di una bravata pro-life e il sito essere “una confusa parabola per illustrare il pericolo di mettere la vita di un bambino nelle mani degli elettori“. O, in terzo luogo, la coppia sta davvero progettando di avere un aborto sulla base dei risultati di un sondaggio via Internet. Tutte e tre le opzioni chiaramente “suggeriscono che queste persone non dovrebbero mai mettere al mondo un bambino“, scrive Chen.

di Teresa Scherillo
www.giornalettismo.com

giovedì 18 novembre 2010

Un bambino può insegnare sempre tre cose ad un adulto: a essere contento senza motivo, a essere sempre occupato con qualche cosa,


e a pretendere con ogni sua forza quello che desidera.
Paulo Coelho, Monte Cinque, 1996

...settimana dei diritti dell’infanzia!


Questa è la settimana (dal 15 al 20) dei diritti dell’infanzia in memoria della ratifica della Carta dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, avvenuta il 20 novembre 1995. Sette giorni per riflettere e per fare il punto sulla lotta per i diritti dell’infanzia, su quello che si è fatto in questi anni e su quello che ancora c’è da fare. Tantissimi eventi, prenderanno il via in tutta Italia in questi giorni.
Anche Facebook..aderisce con un’iniziativa volta a sostenere la settimana dei diritti dell’infanzia..circola un'email che propone a tutti di cambiare la propria foto del profile per aderire alla campagna
Ovviamente anche noi abbiamo aderito...e voi cosa aspettate?!
cambiate la vostra immagine con quella di un personaggio dei cartoni animati preferito...un piccolo gesto che vi rende partecipi delle importanti iniziative di sensibilizzazione sui problemi dell’infanzia nel mondo.

Pubblicato da paola e sabrina
http://nonsoloopinioni.blogspot.com/

RICOSTRUIAMO UNA CITTA’ PIU’ BELLA, SE NON ORA, QUANDO?


I diritti culturali sono riconosciuti tanto nella Dichiarazione Universale dei diritti dell’ONU, quanto nella Costituzione Italiana, nella Dichiarazione Universale dell’UNESCO, nella Carta di Nizza. Nella definizione dell’UNESCO, i diritti culturali costituiscono una pietra ancora mancante per la comprensione dell’universalità dei diritti dell’uomo; tutelare e promuovere il diritto dell’informazione, al sapere ed alla conoscenza, il diritto a godere delle arti e dei beni culturali significa intendere la cultura come valore collettivo e quindi come crescita civile e democratica, come spinta per lo sviluppo economico dell’intera Nazione. In un Paese in cui il patrimonio artistico non ha eguali, i tagli del Governo ai Beni Culturali sono irresponsabili. E troppo spesso, da noi, la cultura diventa una lucrosa “emergenza” da far gestire alla Protezione Civile: il che vuol dire milioni di euro spesi senza controllo, deroghe alla normativa e delegittimazioni delle competenze e professionalità. Lucida, amara, inconfutabile, la riflessione di Salvatore Settis che, nel denunciare come scandalo mondiale il crollo della schola armatorum a Pompei, aggiunge: “Altri crolli, altre rovine, altri disastri arriveranno, immancabili”. A L’Aquila i crolli, le rovine, il disastro
sono arrivati la notte del 6 aprile 2009. E da quella notte, noi aquilani sappiamo bene che la ricostruzione, la rinascita della città e dei borghi non può avvenire senza l’apporto dell’arte. Siamo convinti che i progetti, destinati al recupero della città e le stesse opere pubbliche debbano portare i segni temporali e culturali dei nostri giorni: progetti, dunque, da condividere con gli artisti già in sede preliminare, per ridare vita, interesse artistico e contemporaneità al territorio devastato dal sisma. Per questo stiamo chiedendo a gran voce che nella ricostruzione/ripristino degli immobili pubblici, e in ogni intervento relativo
ad opere pubbliche, venga applicata la legge 29 luglio 1949, n. 717, meglio conosciuta come legge del 2%. Questa norma, mai decaduta ma sistematicamente ignorata in passato per assenza di sanzioni, regola ed assicura risorse per l’abbellimento delle opere pubbliche. Le Linee Guida, emanate nel 2007, hanno reso l’applicazione della legge funzionale all’esperienza della ricerca artistica contemporanea, prevedendo opere progettate specificatamente per i luoghi prescelti e rendendo non raggirabile la legge, perché subordina il collaudo dell’edificio alla realizzazione delle previste opere d’arte. L’Aquila ed i suoi borghi sono un bene di tutti e tutti devono sentire la responsabilità di non far morire una della maggiori città d’arte. In occasione della manifestazione nazionale del 20 novembre “SOS L’Aquila chiama Italia” gli artisti lanciano un appello alle istituzioni nazionali e locali affinché a L’Aquila e nell’intero Paese venga data attuazione alla legge del 2%, aprendo un confronto pubblico attraverso un concorso in cui proporre idee, progetti, opere.
Ripartiamo da L’Aquila per praticare la strada della democrazia culturale.

Assemblea cittadina – Tavolo della Ricostruzione Artistica

ADESIONI APPELLO
“RICOSTRUIAMO UNA CITTA’ PIU’ BELLA. SE NON ORA,
QUANDO?
Accademia Belle Arti Firenze
Accademia Belle Arti L’Aquila, Direttore Carlomagno Eugenio
Accademia Belle Arti Lecce
Accademia Belle Arti Milano
Accademia Belle Arti Roma
Accademia Belle Arti Torino
Accademia Belle Arti Venezia
A.S.C. Associazione Culturale Arte Suoni Colori
Bertelli Pino, fotoreporter “Sans Frontieres” - Piombino
Bovini Giuseppe, docente Accademia Belle Arti Brera - Milano
Casagrande Barbara, Restauratrice - Aosta/Venezia
Cerrone Mandra, artista - Francavilla
Contestabile Lea, artista - docente Accademia Belle Arti - L’Aquila
Culturame.it - L’Aquila
Del Conte Michela, studentessa Accademia Belle Arti - L’Aquila – Carpino/Foggia
Di Bernardini Gianfranco, artista - Roma
Fiorillo Franco, artista - L’Aquila
Gallucci Marcello, docente Accademia Belle Arti - L’Aquila
Gasbarrini Antonio, critico d’arte Angelus Novus - L’Aquila
Grunert Jorg, artista – Germania – Associazione “Deposito dei segni” - Pescara
Labbe Margherita, docente Accademia Belle Arti Brera – Milano
Laterza Domenico, studente Accademia Belle Arti Brera – Milano
Liuba, artista - Milano
Longari Elisabetta, docente Accademia Belle Arti - Milano
Lovaglio Salvatore, artista docente Accademia Belle Arti - Foggia
Nagy Maya, artista, docente Accademia Belle Arti - Venezia
Nannicola Carlo, videomaker - L’Aquila
Nannicola Sergio, artista - docente Accademia Belle Arti Brera – Milano
Paolinelli Albano - Pescara
Pelliccione Augusto, artista - L’Aquila
Pesce Massimina, artista - L’Aquila
Pezzarossa Aldo, duo Two&New (born) – Manduria (TA)
Picariello Antonio, critico d’arte – Larino
Rauco Antonio, artista - L’Aquila
Renzi e Lucia, artisti Accademia Belle Arti Brera – Milano
Rezakhan, artista – Iran/L’Aquila
Rodriguez Raul, artista – Argentina/L’Aquila
Scarroccia Sandro, docente Accademia Belle Arti Brera – Milano/L’Aquila
Toriano Giacomo, docente Accademia Belle Arti - Lecce/Taranto
Volpicella Carlo, artista – Pescara

PESCARA: TE' E LIBRI MISTI, NOVE INCONTRI CON GIOVANI AUTORI


La SO.HA - GiovaniCittadiniAttivi, nell'ambito delle attività culturali promosse dalla Micro Biblioteca Sociale “Andrea Pazienza" organizza Te' e libri misti, un ciclo di presentazioni di libri di giovani scrittori locali. Un modo alternativo per trascorrere la domenica pomeriggio pescarese, incentivando la cultura, la lettura e lo scambio di idee. L’ambiente che vogliamo ricreare, attualizzandolo, è quello di un circolo culturale d’altri tempi dove sorseggiando tè e mangiando pasticcini si inizia questa “chiacchierata informale” partendo dal libro e dall’autore, passando per la musica per poi arrivare dove le situazioni, di volta in volta, con la partecipazione attiva del pubblico, ci porteranno. Le presentazioni si svolgeranno all'Overlook, in Via dei Marrucini 51/53 a Pescara la domenica pomeriggio a partire dalle 17.30 con cadenza bisettimanale dal 14 novembre 2010 al 3 aprile 2011 con il seguente calendario:




14 novembre – Giovanni di Iacovo, Tutti i poveri devono morire
28 novembre – Vincenzo Bosica, Irregolare / Maximiliano Sanvitale, Syncroniric
12 dicembre – Giampaolo Colletti, Tv fai da web
9 gennaio – Pablo dell’Osa, Il principe esploratore
23 gennaio – Marco Taddei, In dosi minime
6 febbraio – Stella Pennoni, Le mie scuse a Shakespeare
20 febbraio – Mascia di Marco, Nel cemento
6 marzo – Alessio Masciulli, Credevo bastasse amare
20 marzo – Serena Bono, Origine e diffusione del vampirismo



L'iniziativa vuole anche sollecitare l'amministrazione comunale alla ricerca di un luogo da adibire a centro di produzione culturale giovanile permanente, poiché a fronte di diversi centri sociali attivi nel territorio pescarese neanche uno risulta essere destinato ai giovani della città. In una società giovanile che sembra aver perso ogni punto di riferimento valoriale e culturale noi vogliamo, nel nostro piccolo, riaffermare la centralità della cultura e dare il nostro contributo attivo alla costruzione di un mondo di persone libere che hanno capacità critica. Il calendario delle iniziative e altre informazioni sulle attività della Micro Biblioteca Sociale “Andrea Pazienza” sono reperibili sul sito www.bibliotecasocialeandreapazienza.it o www.sohapescara.org

NON MANDARE A ROTOLI LE FORESTE di Greenpeace Italia


In fazzoletti e carta igienica, che usiamo solo una volta e poi buttiamo nel cestino e nel wc, può nascondersi carta pericolosa. Ma da oggi hai uno strumento in più per evitare di acquistare pezzi di preziose foreste pluviali: la nostra nuova guida "Foreste a rotoli", un vademecum verde per l’acquisto di carta igienica, rotoloni, tovaglioli e fazzoletti usa e getta. E per promuoverla abbiamo girato il video virale "Deforestation Nightmare". Atmosfera hitchcockiana e un' interprete speciale, Barbara Tabita, nostra testimonial e protagonista della serie tv "I Cesaroni".

Purtroppo negli ultimi anni la richiesta di polpa di cellulosa per la produzione di carta sta pericolosamente accelerando la distruzione degli ultimi polmoni del pianeta, minacciati dall’irresponsabilità di aziende come Asia Pulp and Paper (APP) e dai loro clienti.

Anche l’industria cartaria italiana ha le sue responsabilità. Per realizzare la guida, abbiamo valutato più di 200 prodotti di circa 30 aziende scegliendo tra quelli più distribuiti negli scaffali dei supermercati. Purtroppo il risultato è stato deludente. Sono poche le aziende virtuose come Coop e AS (Gruppo Schlecker). A rischio, nella fascia rossa, i prodotti di Auchan, Sma e Pam. Tra i non classificabili, i prodotti della multinazionale Georgia Pacific, come Tenderly e Tutto.

Prima di fare la spesa, quindi, consulta la nostra guida "Foreste a Rotoli", disponibile anche in versione tascabile. Se vuoi contribuire attivamente alla diffusione di questo vademecum, bastano pochi secondi e pochi click:
- scarica la guida
Se siamo in tanti a fare acquisti responsabili, possiamo salvare le ultime foreste del pianeta.
Sostieni ora

Grazie!

Chiara Campione
Responsabile campagna Foreste
Greenpeace Italia

mercoledì 17 novembre 2010

SENTENZA PIAZZA DELLA LOGGIA, GRANDEZZA E PROGRESSO MORALE DI UNA NAZIONE


Parafrasando la celebre frase di Gandhi secondo cui «Grandezza e progresso morale di una nazione si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali.» potremmo affermare che "grandezza e progresso morale di una nazione si misura dal livello di tutela, difesa ed istruzione che essa riesce a dare ai propri cittadini.
Una nazione che, dopo 36 anni, non riesce a dare giustizia ai familiari delle vittime di Piazza della Loggia ha un livello di progresso morale vicino allo zero,
e la vicenda è ancor più grave perchè si tratta di dare giustizia alla povera gente, agli indifesi, agli invisibili. Se tra le vittime ci fosse stato qualche personaggio illustre a questo punto avremmo già da un pezzo i nomi dei colpevoli.
Diceva Leonardo Sciascia che l'Italia è un paese senza memoria e soprattutto senza verità. Quanto deciso ieri dalla Corte d'Assise presso il Tribunale di Brescia, che con formula dubitativa ha assolto gli imputati per la strage di Piazza della Loggia, al pari di altri tragici avvenimenti rimasti senza responsabili, rafforza questa triste sensazione. Infine, quando l'avvilente sensazione che tutto sia avvenuto per nulla comincia a far breccia nella coscienza del popolo si ha la misura di uno stato senza futuro, oltre che senza memoria e senza verità.

martedì 16 novembre 2010

“L’odio razziale non fa parte della natura umana; l’odio razziale è l’abbandono della natura umana”.


Orson Welles

Londra risarcisce gli ex detenuti di Guantanamo, ammissione di colpa


Milioni di euro per i detenuti della prigione
americana dopo le rivelazioni sulle torture inflitte


Il governo londinese ha deciso di risarcire alcuni detenuti della prigione americana di Guantanamo, riconoscendo in qualche modo le proprie colpe nelle inumane torture inflitte ad esseri umani. Come al solito si decide di risarcire col Dio denaro mentre tutta la verità sugli attentati dell'11 settembre 2001 deve ancora venire a galla. Sicuramente i 6 beneficiari saranno ben contenti di ricevere il compenso ma chi li portà mai risarcire delle violenze, delle umiliazioni, dell'inferno che hanno vissuto nella loro esistenza?
In pratica Londra cerca solo di pararsi il culo contro quella che è la più infame menzogna storica mai esistita. Così come la guerra "preventiva" è stata un fallimento, anche la tortura "postuma" non ha avuto gli effetti sperati. La guerre oggi si basano sulle bufale (armi chimiche e batteriologiche di distruzione di massa inesistenti se non sulla carta di chi ha bisogno di dare impulso all'industria delle armi del proprio paese).
L'umanità avrà giustizia solo quando il governo americano ammetterà le proprie responsabilità sugli avvenimenti dell'11 settembre, peraltro già notevolmente documentate da vari documentari e libri.

Le donne nella nazione del bunga bunga, nuova sconcertante inchiesta del settimanale americano Newsweek


Nuova sconfortante inchiesta di Newsweek, il popolare settimanale americano, sulla condizione femminile nel nostro paese sotto il governo Berlusconi. Un quadro impietoso e mortificante suffragato da dati inoppugnabili

“Sono le 20.30, in Italia tutti gli occhi sono puntati sul popolare programma satirico Striscia la Notizia. Due uomini di mezza età, piazzati sottouna luce stroboscopica, uno dei quali tiene una cintura da cui penzola una vagamente fallica stringa di aglio. Una donna scivola sul pavimento sullo stomaco, indossa un costume di paillettes con un perizoma e una profonda scollatura a V che si tuffa fin sotto l’ombelico. Mentre lei si alza, uno degli uomini ciondola l’aglio di fronte alla sua bocca aperta. Lei lo prende in mano e se lo strofina sulla guancia. “Su, gira su te stessa, facci dare un’occhiata” – dice l’altro uomo, e tocca il didietro della modella”. Questa è la traduzione parola per parola dell’incipit del nuovo “quadretto” di Newsweek, il popolare settimanale americano, dedicato al nostro Paese questa settimana.

L’ITALIA DI MR. BUNGA BUNGA – Ecco come funziona la prima serata televisiva in Italia. E’ la sfilata inevitabile del prurito, “l’espressione – annota NW – del marciume che adesso si sta manifestando al vertice del governo italiano, un riflesso del problema più profondo della società italiana con l’evoluzione – se così possiamo chiamarla – del ruolo delle donne. Mentre ancora si discute dell’ennesimo scandalo sessuale che ha per protagonista il premier Silvio Berlusconi, il “modello italiano” appare ormai delineato: “gli uomini sono uomini, e le donne sono vetrinistica”. Così, mentre Berlusconi si è comportato da “vecchio sporcaccione”, va detto che un buon numero di donne italiane sono disposte a giocare i suoi giochi umilianti”. Una denuncia forte quella di Newsweek, che siamo certi farà discutere e che, molto probabilmente, solleverà nuove polemiche. Sia da parte dei critici di Berlusconi, sia da parte dei suoi fan, quelli sempre disposti a sostenerlo costi quel che costi. Newsweek ripercorre a questo punto le tappe del successo di “Mr.B.“, da quando iniziò come imprenditore edile con la sua impresa di costruzioni, fino alla sua geniale pensata di gettarsi anima e corpo nel nascente business della Tv commerciale. Fino alla sua “discesa in campo” – conferma NW – fatta a posta per tutelare anche in termini politici i suoi immensi interessi economici”. Ma tu pensa, all’estero sono a conoscenza di cose che qui in Italia in molti temono persino di ricordare, magari in tv. “Oggi che controlla la televisione di Stato, il 95% del mercato televisivo è ora sotto il suo controllo, la sua influenza è totale persino sui gusti delle donne italiane”. Un’influenza negativa. “mentre in altre terre europee si promuove attivamente l’uguaglianza di genere, Berlusconi ha guidato la sua carica nella direzione opposta, di fatto soffocando le donne attraverso la creazione di un mondo in cui si vedono in primo luogo solo come oggetti sessuali“.

ITALIA SEMPRE PIU’ IN BASSO – “Un ritratto sconvolgente – conferma Newsweek – dell’Italia di Berlusconi emerge dal World Economic Forum di ottobre 2010, Global Gender Gap Report“. Il WEF si concentra sui temi come la parità salariale, la partecipazione alla forza lavoro, l’opportunità di carriera, l’avanzamento delle donne ecc. sostenendo che la chiusura del gap di genere a livello europeo, potrebbero incrementare il PIL della Zona euro di quasi il 13%“. Ma come stanno le cose ora, l’Italia sarebbe rimasta il fanalino di coda. “In ogni categoria, a cominciare dall’istruzione, per non parlare della partecipazione al lavoro,dove è solo al 87° posto a livello mondiale. E che dire della parità salariale? 121°. E dell’opportunità per le donne ad assumere posizioni di leadership? Di male in peggio, 97°. Nella classifica complessiva del rapporto, l’Italia si pone al 74° posto al mondo per il trattamento che riserva alle donne. Dietro Colombia, Perù e Vietnam, e sette posti in meno rispetto a quando Berlusconi è tornato al potere nel 2008. “L’Italia continua ad essere uno dei paesi a più basso rango nella UE e ad aggravarsi ulteriormente rispetto all’anno scorso”, dice il rapporto. “Un’intera generazione è cresciuta in una società avvilente” dove nella vita quotidiana regna una sorta di cultura del “porno soft-core”. Una cultura impressa per ben 23 anni dalle tv di Berlusconi in trasmissioni come Striscia la Notizia, con le sue donne voluttuose note come veline (letteralmente “pezzi di carta“), che sfilano ogni sera. Alcune di queste sono arrivate addirittura in Parlamento e al governo, nominate direttamente da Berlusconi. I sondaggi mostrano poi un dato inquietante, molte donne italiane, specie le più giovani, vogliono svolgere questa professione, molto più che fare i medici, gli avvocati, o i titolari di aziende”.

MA NON TUTTE LE DONNE SONO UGUALI – Come combattere -si chiede Newsweek – questa “ cultura da harem di Berlusconi”? “La nostra unica forma di protesta sta nel cambiare il canale”, dice la trentenne Concetta Di Somma, un’istruttrice di aerobica. “Ma quando anche la ragazza delle previsioni del tempo mostra la sua scollatura, capisci che inutile, anzi devi rinunciare persino a scoprire che tempo farà domani”. Sottorappresentate nella vita del governo e nelle imprese, le donne hanno poche speranze di cambiare il sistema dall’interno. “E ‘una società dominata dagli uomini e dalla chiesa”, dice Marina, 57enne proprietaria di una gioielleria, che ha chiesto di non usare il suo cognome per paura di arrecare danno alla sua attività. “Le donne nella pubblicità televisiva sembrano puttane perché è quello che gli uomini vogliono vedere. Questa pubblicità, ha arricchito in molti”. L’Italia è alla stregua di un paese del Terzo mondo. “Qualsiasi passo verso l’uguaglianza tra i sessi è avvenuto solo a seguito di pressioni internazionali”. E le cose sono andate solo leggermente meglio durante le passate “amministrazione di centro-sinistra”. Berlusconi, però, “ha indebolito le istituzioni, ha ridotto fondi e bilanci per le donne e per la parità di genere. Ha nominato donne nel suo governo spesso incapaci ed inesperte”, sostiene Celeste Montoya, professoressa associata presso l’Università del Colorado che ha scritto molto sull’Italia. Evidentemente la professoressa non deve essersi accorta dalla “ritrovata autorevolezza internazionale” di cui parla sempre Berlusconi…

PICCOLE DONNE – Dall’inchiesta di Newsweek, emerge come “Solo il 45% di tutte le donne italiane lavoro fuori casa, il tasso più basso dell’Unione europea. In confronto, l’80% delle donne norvegesi e il 72% delle donne inglesi lavorano fuori casa. Quando le donne italiane hanno un lavoro, guadagnano in media il 20% in meno degli uomini, e sono titolari di solo il 7% delle posizioni di gestione ed amministrazione aziendale, contro una media del 33% nei paesi scandinavi. Le donne italiane che lavorano devono però dedicare più tempo ai lavori domestici (21 ore settimanali) di una qualsiasi delle loro omologhe europei. Sono appena sopra le polacche e le slovene. Per non parlare delle americane, che spendono appena quattro ore a settimana per i lavori di casa. E gli uomini italiani non sono molto d’aiuto, sostiene NW. “Per capire una donna italiana, bisogna capire gli uomini italiani“, ammette Maria Silvia Viti, 59 anni, un insegnante in pensione che ha cresciuto sua figlia da sola. “Noi non abbiamo una divisione di compiti all’interno della coppia. I ruoli sono quelli che ci vengono da una rigida tradizione patriarcale e sessista”. Per l’Ocse gli uomini italiani hanno 80 minuti di tempo libero in più al giorno rispetto alle loro controparti femminili, più dei maschi da qualsiasi altro paese Ocse. In Norvegia, gli uomini hanno appena tre minuti di tempo libero in più al giorno rispetto alle donne. Un recente rapporto dell’Associazione Italiana dei casalinghi (un gruppo piuttosto piccolo sostiene NW) ha trovato che il 70% degli uomini italiani non hanno mai utilizzato una stufa, e il 95% non ha mai fatto funzionare una lavatrice. Le donne italiane, invece, hanno una maternità più generosa rispetto ad altre mamme europee, ma paradossalmente appaiono più deboli. Anche se la legge lo vieta, i datori di lavoro non esitano a chiedere alle candidate se hanno intenzione di mettere su famiglia, dato che è spesso discriminante per una loro assunzione.

ITALY IS AN OLD COUNTRY - Ironia della sorte, nonostante l’idealizzazione della madre italiana, tutta casa e famiglia, il tasso di natalità in Italia è il più basso in Europa, con a 1,3 figli. Le donne che devono lavorare sentono di dover scegliere tra lavoro e figli. “Se vogliamo una carriera, questa non si può facilmente gestire con più di un bambino”, dice la signora Viti, la maestra in pensione. Il basso tasso di natalità è un problema enorme per un paese in costante invecchiamento in cui il 15% del PIL va già a pagare le pensioni di cui gode solo un incredibile 22% della popolazione. Come ha risposto berlusconi alla “questione femminile”? Da par suo ovviamente. “Ha nominato un’ex showgirl, Mara Carfagna, ministro per le Pari opportunità. I suoi calendari in topless sono ancora appesi in molti ristoranti e pub, proprio vicino al Parlamento italiano. Anche se lei fa discorsi in cui dice di voler promuovere “uguali diritti e pari dignità” per le donne, Berlusconi ha un’idea della donna esattamente opposta. Tanto che a queste, per assicurarsi un buon domani, le ha invitate pubblicamente a “cercarsi un uomo ricco da sposare”. Un anno fa, più di 100.000 donne hanno firmato una petizione dal titolo “Berlusconi ci offende”. Mentre oggi anche la stampa cattolica ha finalmente condannato le scappatelle di Berlusconi , chiamandolo “malato”. Malato come il suo paese, I suppose.

di Pietro Salvato
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