sabato 9 giugno 2007

RAY LAMONTAGNE - Till the sun turns black (2006)


Il primo album di ogni artista è sempre qualcosa di particolare: è il frutto di un lavoro musicale e di songwriting durato anni, costituito da perfezionamenti continui e giunto al culmine grazie ad arrangiamenti sperimentali e svincolati. Il secondo disco è in genere quello più complesso, specialmente se il primo ha avuto successo. Ma con il secondo album, in modo particolare se si è ottenuto un contratto con una major, l'artista rischia di non aver più frecce nel proprio arco e di assoggettarsi a vincoli temporali imposti da terzi: cosa che porta inevitabilmente il musicista ad arrabattarsi alla meglio, trascurando però la forma delle proprie canzoni. Ray LaMontagne si è fatto apprezzare per un esordio esaltante, Trouble, che ha creato intorno a sé diverse aspettative. Il suo seguito di rischiava di essere, come è capitato ad alcuni suoi illustri colleghi, un flop tale da precludergli ulteriori sviluppi commerciali di rilievo. Onestamente, è forse ancora troppo presto per scorgere i frutti di Till The Sun Turns Black, disco uscito solo a fine agosto. Certo è che questo nuovo lavoro è a tutti gli effetti il degno seguito del precedente, sia a livello compositivo che dal punto di vista musicale. Sarà che tutto (o quasi) ciò che tocca Ethan Johns si trasforma in oro, ma Till The Sun Turns Black è un album di spessore nato soprattutto dai vari stati emotivi di Ray, riflessi in canzoni eleganti e raffinate. Ethan Johns ha qui il compito di ricamare le tracce con arrangiamenti corposi, dove gli archi sono un elemento primario. Till The Sun Turns Black si apre con Be Here Now, brano costruito su di una melodia sospesa, realizzata ai violini e al pianoforte: il pezzo ha tutta l'aria di rappresentare una sorta di introduzione, di porta d'accesso per un disco caratterizzato da ben altro. Passata la prima, ecco che l'album acquista spessore: Empty ha un suono più convincente, dai modi vagamente Western, con Morricone che fa capolino fra gli archi, la chitarra acustica e il basso. Poi è la volta di Barfly, piccolo capolavoro di semplicità: la voce rauca e al contempo delicata di Ray, densa di trasporto, si fa accompagnare da un organo lontano e dai fremiti della chitarra elettrica. Three More Days ha invece un imprinting decisamente Motown, reso con l'utilizzo canonico di hammond e fiati: il brano, un'altra gemma, è di stampo decisamente soul. I ritmi vivaci lasciano presto il posto alla romantica Can I Stay, cantata lentamente e retta nuovamente dagli archi, che la convertono in una melodiosa pop-song. You Can Bring Me Flowers è invece un pezzo dalle tinte jazz metropolitane e ben impreziosito dai fiati, strumenti che ritroviamo anche nella ballad Gone Away From Me, traccia velatamente country-blues. Una chitarra classica introduce poi le malinconiche Lesson Learned e Truly, Madly, Deeply (brano strumentale), mentre gli archi tornano a dominare nella title-track, anch'essa traccia malinconica. La chiusura del disco è affidata infine agli ottoni e al tamburello di Within You, canzone che la dice lunga sulle capacità di Ray nel comporre ed interpretare pezzi struggenti. Con Till The Sun Turns Black, LaMontagne si dimostra nuovamente un folk-singer disposto volentieri a scendere a patti con il soul, un artista dalle qualità cantautorali interessanti e dotato di una malinconia interpretativa senza eguali. L'esperienza di Ethan Johns, il suo modo di leggere il folk e la sua concezione di uno stile Americana ad ampio respiro sono altresì elementi rilevanti. (Carlo Lancini)
Track list
1. Be Here Now
2. Empty
3. Barfly
4. Three More Days
5. Can I Stay
6. You Can Bring Me Flowers
7. Gone Away from Me
8. Lesson Learned
9. Truly, Madly, Deeply
10. Till the Sun Turns Black
11. Within You