Spoon: le eterne promesse dell'indie americano sono ancora qui a riprovarci, senza però avere modificato il suono marchio di fabbrica della band. La base per i brani è infatti più o meno sempre la stessa: chitarre acustiche, riff di pianoforte mai esagerati e ritmo che si mantiene costante senza grandi scossoni.
Eppure, rispetto alle prove precedenti, si nota un'attenzione maggiore agli arrangiamenti e alle sonorità: "The Underdog" è un gioiello pop che è facile prevedere non avrà il successo che si merita, nel quale fra le "solite" chitarre spuntano addirittura trombe e tromboni; per fortuna la pretenziosità di alcuni brani del discreto "Gimme Fiction" è scomparsa per lasciare posto a canzoni più semplici che esaltano le qualità compositive di Daniel. Le partiture orchestrali che appesantivano le ultime composizioni qui vengono messe decisamente in secondo piano in una quasi-ballata come "Black Like Me", così come si fanno apprezzare le suggestioni soul di "Don't You Evah".
Dopo tanti anni di attività non ci si poteva certo aspettare rock rabbiosi alla Pixies come quella "Don't Buy the Realistic" che apriva "Telephono" all'incirca dieci anni fa; eppure "Don't Make Me A Target" prosegue più che degnamente la tradizione indie-pop della band texana, affrontando con la solita classe e ironia un tema delicato come la politica e la sicurezza al giorno d'oggi. "The Ghost of You Lingers" è il capolavoro del disco: il caratteristico cantato di Daniel si inserisce su un riff di pianoforte da brividi, creando un'atmosfera malinconica e oscura, resa ancora più tetra dall'uso di più linee vocali sovrapposte e dal particolarissimo testo ("Put on a clinic till we hit the wall / Just like a sailor with his wools beat soft / The ghost of you lingers and leaves"). "You Got Yr Cherry Bomb" è la più dolce e orecchiabile delle dieci canzoni incluse e per una volta, più che i Pavement, sembra di ascoltare una rilettura di Elvis Costello (rendendo finalmente evidenti tutte le influenze anni 70-80 già presenti sin dai tempi di "Stay Don't Go"), riuscendo nel tentativo assai meglio dei più incensati Decemberists al tempo di "Picaresque"; "My Little Japanese Cigarette Case" è l'ideale proseguimento di "My Fitted Shirt" ed è comunque il brano più vicino agli esordi, mentre "Finer Feeling" si fa ricordare per il ritornello pur senza essere ruffiana o scontata, come nella migliore tradizione di "Girls Don't Tell".
Tutto sommato quindi, nonostante una durata piuttosto breve (36 minuti), di più non si può proprio chiedere agli Spoon: per l'ennesima volta ci regalano un album praticamente senza punti deboli, che garantisce numerosi ascolti e con picchi compositivi davvero insoliti per degli artisti sulla scena da oltre dieci anni. Bisogna soltanto sperare che questa volta la formula sia quella giusta: e sarebbe un vero peccato se "Ga Ga Ga Ga Ga" non venisse apprezzato come merita.
Eppure, rispetto alle prove precedenti, si nota un'attenzione maggiore agli arrangiamenti e alle sonorità: "The Underdog" è un gioiello pop che è facile prevedere non avrà il successo che si merita, nel quale fra le "solite" chitarre spuntano addirittura trombe e tromboni; per fortuna la pretenziosità di alcuni brani del discreto "Gimme Fiction" è scomparsa per lasciare posto a canzoni più semplici che esaltano le qualità compositive di Daniel. Le partiture orchestrali che appesantivano le ultime composizioni qui vengono messe decisamente in secondo piano in una quasi-ballata come "Black Like Me", così come si fanno apprezzare le suggestioni soul di "Don't You Evah".
Dopo tanti anni di attività non ci si poteva certo aspettare rock rabbiosi alla Pixies come quella "Don't Buy the Realistic" che apriva "Telephono" all'incirca dieci anni fa; eppure "Don't Make Me A Target" prosegue più che degnamente la tradizione indie-pop della band texana, affrontando con la solita classe e ironia un tema delicato come la politica e la sicurezza al giorno d'oggi. "The Ghost of You Lingers" è il capolavoro del disco: il caratteristico cantato di Daniel si inserisce su un riff di pianoforte da brividi, creando un'atmosfera malinconica e oscura, resa ancora più tetra dall'uso di più linee vocali sovrapposte e dal particolarissimo testo ("Put on a clinic till we hit the wall / Just like a sailor with his wools beat soft / The ghost of you lingers and leaves"). "You Got Yr Cherry Bomb" è la più dolce e orecchiabile delle dieci canzoni incluse e per una volta, più che i Pavement, sembra di ascoltare una rilettura di Elvis Costello (rendendo finalmente evidenti tutte le influenze anni 70-80 già presenti sin dai tempi di "Stay Don't Go"), riuscendo nel tentativo assai meglio dei più incensati Decemberists al tempo di "Picaresque"; "My Little Japanese Cigarette Case" è l'ideale proseguimento di "My Fitted Shirt" ed è comunque il brano più vicino agli esordi, mentre "Finer Feeling" si fa ricordare per il ritornello pur senza essere ruffiana o scontata, come nella migliore tradizione di "Girls Don't Tell".
Tutto sommato quindi, nonostante una durata piuttosto breve (36 minuti), di più non si può proprio chiedere agli Spoon: per l'ennesima volta ci regalano un album praticamente senza punti deboli, che garantisce numerosi ascolti e con picchi compositivi davvero insoliti per degli artisti sulla scena da oltre dieci anni. Bisogna soltanto sperare che questa volta la formula sia quella giusta: e sarebbe un vero peccato se "Ga Ga Ga Ga Ga" non venisse apprezzato come merita.
tracklist
1. Don't Make Me A Target
2.The Ghost Of You Lingers
3.You Got Yr. Cherry Bomb
4.Don't You Evah
5.Rhthm And Soul
6.Eddie's Ragga
7.The Underdog
8.My Little Japanese Cigarette Case
9.Finer Feelings
10.Black Like Me
Members:
Britt Daniel
Britt Daniel
Jim Eno
Rob Pope
Eric Harvey
1 commento:
Hi, great post, thanks.
But what's the password?
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