martedì 23 novembre 2010
Le scuole sommerse dalla munnezza. Pagano sempre i più piccoli
I bambini dei quartieri spagnoli per accedere ai loro istituti devono “nuotare” in un mare di rifiuti
Sull’eterna emergenza rifiuti a Napoli è già stato detto e visto tanto, sebbene forse non tutto. Importante in tal senso il contributo di Roberto Saviano, il quale nella trasmissione condotta da Fabio Fazio “Vieni via con me”, ci ha offerto nella puntata di lunedì scorso un’importante e interessante cronistoria sulla questione rifiuti nel napoletano e nel casertano. Ha posto in rilievo le responsabilità ugualmente distribuite tra politica locale, camorra, massoneria deviata…e Nord Italia.
UN FIUME DI MONNEZZA - Già, Nord Italia, quella fetta del Paese che ci fa lezioni quotidiane su come dovremmo gestire i rifiuti, guardandoci dall’alto (in senso geografico e metaforico) con disprezzo e sguardo basito. Le regioni settentrionali hanno portato infatti durante gli anni ’90, nelle tante discariche campane presenti sul territorio (quasi tutte illegali), i loro rifiuti tossici, utilizzando la Campania anche come crocevia per lo sbarco di tali rifiuti nei Paesi dell’Africa centrale. Inquinando e compromettendo così il mare, le campagne e le falde acquifere tra Napoli e Caserta. Questo post lo vorrei però dedicare alle tante anime innocenti che stanno pagando le scelte senza scrupoli degli adulti, lasciando loro un futuro incerto, forse compromesso. Tra i tanti edifici circondati e in taluni casi sommersi dai rifiuti, vi sono inevitabilmente anche le scuole. Bambini e adolescenti, per raggiungere gli istituti preposti alla loro educazione, devono attraversare fiumane di rifiuti come se attraversassero controcorrente dei fiumi in piena o dei mari in tempesta.
BAMBINI CHE NUOTANO NEI RIFIUTI - Eloquente è questa foto inviatami dalla madre di un alunno dell’XI Circolo Didattico “Istituto Comprensivo Scuola Media Statale Pasquale Scura – Giovanni Paisiello”, sito a Piazza Montecalvario nei Quartieri Spagnoli. Si possono notare i ragazzini immersi nei rifiuti come se stessero nuotando per raggiungere in modo impavido la propria scuola ed espletare un diritto che gli spetta: l’istruzione. Un diritto che in fondo è anche un’arma, che un domani potrebbe distinguerli da chi quella vergognosa montagna di rifiuti l’ha provocata. A Napoli, gli adolescenti di 15-16 anni – ovvero le classi nate dopo il ’94 – probabilmente non hanno mai visto una città priva di rifiuti in strada. Con la monnezza ci sono nati e cresciuti, accettandola forse come la normalità. E pensare che a pochi chilometri (se non metri) dalle loro abitazioni c’è il mare, o qualche monumento millenario di cui magari ignorano l’esistenza perché nessuno gliel’ha mai fatto notare. Perché Napoli oggi è annoverata solo per i rifiuti. Rifiuti che stanno seppellendo i bei paesaggi e i monumenti, un tempo motivo di vanto per la città partenopea. Lasciando allo scoperto il nervo più antipatico: la nostra umiliazione.
Aveva ragione Edoardo De Filippo, citato da Saviano lunedì scorso: a furia di sminuire i problemi, anche i più gravi, dicendo «cos e’nient», oggi davvero «simm diventat cos e’ nient». Infine, vi ricordate quello spot lanciato dal Governo più di due anni fa, che diceva all’Italia che il problema dei rifiuti a Napoli era stato risolto? C’era Elena Russo, attrice che come riportato dalle intercettazioni telefoniche era stata raccomandata nel 2007 da Berlusconi a Saccà, dirigente Rai. Bé oggi dovrebbero rimandare quello spot a ritroso. e ccolo, appannaggio di chi lo ha dimenticato
di Luca Scialo
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